Più che chiudere Pomigliano, la Fiat di Sergio Marchionne avrebbe voluto chiudere l’Alfa Romeo, senza aspettare il compleanno del 24 giugno, 100 anni di storia. Pomigliano è sempe stato in qualche modo un problema per il Lingotto, stabilimento nato Alfa Romeo contro cui la Fiat dell’epoca organizzò una vera e propria campagna. E che in seguito non ha mai funzionato come avrebbero voluto a Torino, dopo averlo comprato per un pugno di lire insieme a tutto il marchio.
E’ il 29 aprile del 1968 quando l’allora presidente del consiglio Aldo Moro pone la prima pietra per la costruzione della fabbrica, le cui linee cominciano a produrre nel febbraio di quattro anni dopo. A volere questa fabbrica a tutti i costi è Giuseppe Luraghi, un manager milanese tutto d’un pezzo, di estrazione socialista. Dal 1960 è al volante dell’Alfa, di proprietà dell’Iri, ma già nei primi anni ’50 Luraghi – da direttore generale di Finmeccanica – trova i soldi affinché al Biscione nascesse la mitica Giulietta.
Luraghi, dirigente d’azienda di lungo corso in Sip, Mondadori, Lanerossi, Pirelli, si batte perché il meridione abbia una fabbrica di automobili dopo Arese, l’Alfanord chiamata la «cattedrale degli operai». La Fiat però si oppone con pressioni pubbliche e private, organizzando una campagna di stampa contraria e sovvenzionando fantomatici movimenti meridionalisti con sede a Torino.
E’ la guerra del più grande gruppo privato italiano contro il concorrente pubblico, accusato di utilizzare i soldi dei contribuenti per costruire Pomigliano. Nelle sue memorie, Luraghi ribatte facilmente che tanti soldi altrettanto pubblici vanno (e andranno) alla Fiat, perfino per costruire sempre negli anni ’60 lo stabilimento di Togliattigrad, in Unione sovietica. Ma investimento per investimento, ragiona Luraghi, non è meglio dare lavoro a 15.000 persone nel sud d’Italia? Pomigliano nasce così, contromano, costringendo Gianni Agnelli a cambiare strada. Perché se l’Avvocato nel febbraio del 1960 in una audizione alla Camera sostiene che la Fiat non ha nessuna intenzione di investire nel sud d’Italia come l’Iri, poco dopo ci ripensa. Dando il via agli stabilimenti di Cassino e di Melfi.
La storia di Pomigliano rimane complicatissima. All’Alfa Romeo degli anni ’60 che fa utili e modelli di successo come la Giulietta, segue il declino negli anni ’70. Luraghi non lo vedrà, perché nel 1973 viene cacciato per aver detto no a due ministri dc che volevano un altro stabilimento ad Avellino, per motivi esclusivamente clientelari. Pomigliano e l’intera Alfa Romeo finiscono tra le braccia della Fiat nel 1986. E’ un affarone per il Lingotto, dopo il no di Romano Prodi presidente dell’Iri a un’altra offerta della Ford. «Ci siamo annessi una provincia debole», annuncia l’Avvocato, una «provincia» che la Fiat non sarà in grado di rilanciare e che, l’anno scorso, è sull’orlo di finire in un piano di chiusura. Piano che Marchionne cancella all’ultimo momento, come il governo Berlusconi ha fatto con alcune province geografiche di questo paese, destinate a sparire il giorno precedente.
Un dato può spiegare perché l’amministratore delegato del gruppo abbia valutato a un certo punto la possibilità che il marchio si fermasse a 99 anni. Nel 2009, in tutto il mondo sono state vendute 102.000 Alfa; nel 1970, 105.900. Questo significa che il costruttore perde centinaia di milioni di euro, cifra non precisabile perché nei bilanci l’Alfa non è scorporata da Fiat Auto ma sta insieme agli altri marchi del gruppo. Nel novembre scorso, Marchionne decide comunque di provarci ancora con l’Alfa, puntando sulle sinergie derivate dall’acquisizione del controllo della Chrysler. Che porta in dote fabbriche americane dove produrre le vetture italiane  e una rete di vendita attraverso cui venderle.
E’ un segno che Pomigliano, fra la proposta di Luraghi e la prima pietra di Moro, nasca esattamente a cavallo di quel 1967 in cui esce il fim «The Graduate», con l’indimenticabile Dustin Hoffman al volante di un Duetto rosso emblema dei migliori anni dell’Alfa Romeo. E in qualche modo si capisce perché Marchionne abbia deciso che a Pomigliano, al di là dell’esito del referendum e delle decisioni che seguiranno, mai più si faranno Alfa Romeo. Con lui al volante, s’intende.

Commenti
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    Post “vagamente” di parte (alfista) e poco obiettivo nei fatti.

    Mi spiace ma pur simpatizzante del Manifesto, mi trovo ad esser dippiu appassionato di auto (italiane) e posso categorizzare questo testo come detto sopra

    1-quando si parla “di affarone” del 1986 si omette di dire che l’Alfaromeo parastatale da circa 15 anni viveva tra strategie pazzescamente sbagliate e clientele politiche un periodo disastroso per le sue casse (cioè nostre..) e la Fiat quando la prese non si dice che si porto a casa un disastro finanziario e industriale di debiti tale che nemmeno i conti positivi della Lancia anni 80 (quelli della Thema, Delta Y10 e delle 300.000 auto vendute nel mondo) con cui fu annessa nella AlfaàLancia industriale.. riusci a coprire… debiti alfa cosi disastrosi appunto che la stessa FIat appunto si trovo a rivedere tutti i piani imprenditoriali che erano stati improntati (da Ghidella) per gli anji 90 per impegnarsi nel rilancio Alfa: rilancio Alfa che in realtà è costato a Fiat tanto (la citata Lancia… giusto x dire un marchio che fino ad allora andava bene anche contro i tedeschi) e rilancio che in realta non è mai andato: poi certo.. giacche si citano numeri si poteva anche dire che l’Alfa anni 80 presa dalla FIat fu cmq portata a successi come quelli del campionato DTM (costato i ben piu importanti mondiali Rally della Lancia..) e delle Alfa 147 e 156 che sono state fra le alfa piu apprezzate all’estero tanto da portare il marchio alla soglia delle 300.000 auto vendute (grazie a Fiat…): perche ometterlo?

    Riguardo a Pomigliano… sarebbe anche qui stata una bella cosa se si fossero citati i dati qualitativi della produzione degli stabilimenti: ebbene Pomigliano (da sempre…) è fanalino di coda! Pomigliano ha da sempre standard (e chissa perche…) che NON sono al livello degli altri stabilimenti e MAI nessuno, nemmeno l’Alfa pre-Fiat, è riuscito ad elevarli: non a caso da quelle parti si sono fatte le auto di cosiddetta fascia bassa (le Alfasud le 33 ecc) e non certo le Alfetta, 75 o 164.
    Ora, chi di noi imprenditore con questo dato di fatto continuerebbe a produrre auto che si vogliono portare a combattere con i concorrenti stranieri nella fascia alta di mercato nello stabilimento col piu basso livello qualitativo? Nessuno. Non a caso ad esempio gli ottimi risultati qualitativi conseguiti con la attuale Giulietta (come miglior alfa costuita da decenni in termini qualitativi) sono guardacaso ottenuti a Cassino!
    Bene quindi ha fatto Marchionne, che a differenza di manager sciagurati e intoccati x 20 anni a far disastri come Cantarella o Romiti, queste cose le vede a spostare le auto che vogliono essere di fascia alta altrove… lasciando cmq a Pomigliano il vanto (in questa era davvero contro ogni logica produttiva) di portare la Fiat piu prodotta e venduta d’Europa, ovvero la Panda! Peraltro con un investimento che è fatto interamente da FIat e non certo da niente di statale!
    Ecco anche a questo proposito… perche non si citano mai casi attuali tipo che i concorrenti degli italiani ovvero i francesi, i tedeschi gli americani ecc.. fanno VERI REGALI alle loro grandi industrie ben piu di quanto lo stato italiano fa per FIat? Perche non si citano i quasi 8 miliardi di euro che lo stato francese ha dato a Renault e PSA? perche non si cita che anche andando contro le leggi della concorrenza UE in Germania hanno fatto entrare socio di VW la regione della Westfalia o che la stessa Merkel pur di tenere in vita in Germania la moribonda Opel (pur di proprieta americana…) gli ha concesso denaro “occulto”?
    E del protezionismo/dazi industriale/di importazione contro concorrenti europei dei Giapponesi e coreani sul loro mercato da 150 milioni di abitanti ne vogliamo parlare? e dei soldi americani concessi alle 3 sorelle americane Ford/GM/Chrysler?
    Soldi che per fortuna, o meglio grazie alla visione di Marchionne, ora sono serviti anche alla sopravvivenza della stessa Fiat! ..quindi per favore se noi facciamo articoli del genere e come statto nessun vero aiuto.. tanto da generare commenti della serie “boiccottiamo la FIat” (senza capire che ogni FIat venduta corrisponde cmq a un fatturato di una azienda che paga le tasse in ITALIA quindi per il tuo ospedale scuola ecc..) e la Fiat i veri aiuti li riceve dagli altri… non lamentiamoci poi se lei stessa scappa all’estero! Ce la siamo cercata con questo modo di pensare da Tafazzi all’Italiana che abbiamo da sempre…. !
    D’altra parte abbiamo le Maserati e le Ferrari che tutto il mondo ci invidia.. e l’italiota medio anche con i soldi è il piu grande acquirente di Porsche del mondo in rapporto agli abitanti!

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    Caro lettore, insisterei su un punto: per la Fiat di Agnelli-Romiti, l’Alfa Romeo fu un vero affare, se non altro perché fu pagata a rate e in tempi dilatati, politici e non da business, bloccando anche l’ingresso della Ford in Italia. Che poi l’Alfa Romeo pubblica fosse stata mal gestita per anni è certo una verità, con qualche eccezione che potrà trovare per esempio nel bel libro di Rinaldo Gianola “L’uomo che inventò la Giulietta”, dedicato all’imprenditore Giuseppe Luraghi. Oggi diremmo un “tecnico”.
    Su Pomigliano, ho potuto constatare con i miei occhi che Marchionne ha fatto lì un vero investimento. Però è ancora l’unico in Italia, e questo è un bel problema se si rileggono i numeri annunciati il 21 aprile del 2010 nel piano quinquennale per la Fiat. Sugli aiuti di stato all’industria dell’auto, troverà altri post in cui racconto di quel che hanno avuto Psa e Renault in Francia, Gm e Chrysler in America. Come ho scritto che Marchionne in Italia non ha chiesto o avuto nulla, eccezione fatta per la cassa integrazione (tutte le imprese l’hanno avuta) e per gli incentivi sul metano, sui quali mi risulta esserci stata una spintarella pro-Fiat. Marchionne ha invece ottenuto aiuti in America per la Chrysler, prestiti restituiti con sei anni di anticipo.
    Grazie comunque per l’attenzione, mi piacerebbe avere più lettori attenti e critici come lei, fp

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