Quanto è grave la crisi coreana lungo il 38mo parallelo? Abbastanza da consigliare alla General Motors di mettere a punto piani di emergenza, nel malaugurato caso che la tensione si traduca nella ripresa di una guerra mai formalmente conclusa nella penisola asiatica. Lo ha detto questa mattina il presidente e ad Dan Akerson in un’intervista televisiva alla rete CNBC. La casa americana ha nel territorio della Corea del Sud cinque fabbriche che producono 145.000 vetture per il mercato locale, e 1,3 milioni destinate all’esportazione. Uno degli impianti si trova nella fascia industriale di Kaesong in territorio nord coreano, dove negli ultimi giorni il governo di Pyongyang ha bloccato l’accesso ai tecnici del sud che ogni giorno passano la frontiera per dirigere il lavoro di migliaia di lavoratori del nord. Allo stesso modo sono stati respinti alla frontiera i camion che trasportano componenti destinati alla lavorazione nelle fabbriche. Se la follia di un attacco militare minacciato più volte dal governo comunista dovesse prendere corpo nei prossimi giorni, la GM dovrà correre rapidamente ai ripari per evitare disastrose perdite di produzione. Nell’area del sud est asiatico dispone già di impianti in Tailandia, e Akerson ha confermato l’interesse per l’apertura di un nuovo stabilimento in Indonesia, area di rapida crescita per il mercato automobilistico.

“Non avremmo altra scelta che fermare la produzione e riportare a casa i nostri lavoratori” ha detto il Ceo della GM.

A fregarsi le mani restano solo un centinaio di operai della fabbrica di Flint in Michigan, che avevano appena perso la commessa per la costruzione di un motore da 1,4 litri per le piccole Buick. I venti di guerra agli antipodi del mondo potrebbero riportare nelle loro mani il lavoro perduto.

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