Dai giornalisti dell’auto, Walter de Silva è abituato a ricevere lodi talvolta sperticate ma quasi sempre meritate. Per il suo indubbio talento di stilista, per la capacità di coniugare come pochi forma e funzione e per la grande coerenza delle sue realizzazioni.

Il responsabile del design del Gruppo Volkswagen non me ne vorrà quindi se con la solita franchezza mi permetto qui di criticarlo. Perché non ritrovo nulla di ciò che ha sempre propugnato (la purezza delle superfici, la semplicità delle linee e il valore aggiunto del product design) nella silhouette della Lamborghini Egoista, monoposto one-off su base Gallardo presentata a sorpresa in occasione delle celebrazioni per i 50 anni della Casa di Sant’Agata Bolognese. Anzi, ci vedo l’esatto contrario. Vabbè, lo stile distintivo è ormai parte integrante del Dna della marca. E trattandosi di un esemplare unico, era un must renderlo ancora più personale.

Ma c’era davvero bisogno di aggiungere spigoli agli spigoli, nervature come piovesse e tanti altri orpelli? Non vorrei che per una volta Walter e il suo team (Alessandro Dambrosio per gli esterni e Stefan Sielaff per gli interni) si siano uniformati alle esigenze del marketing, piuttosto che ai dettami dell’utile e del bello. Perché imboccare questa strada è facile, ma poi si rischia di vivere l’originalità a tutti i costi come una condanna. Chi ha commissionato l’Egoista a Lamborghini? L’alias di Lapo Elkann?

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