Qoros si presenta alla stampa internazionale al Salone di Ginevra lo scorso marzo e fa il bis in aprile al Salone di Shanghai. Ma alla sezione onomastica cinese della società di consulenza McKinsey hanno dovuto sfornare due serie di proposte perché il cliente venisse soddisfatto. La richiesta era chiara: un nome in inglese e in cinese per un nuovo marchio di auto con passaporto dell’Impero di mezzo e vocazione internazionale, nato in joint venture paritetica tra il costruttore Chery e la holding industriale Israel Corporation, guidata da quell’Idan Ofer considerato l’uomo più ricco di Israele.
Solo al secondo giro, McKinsey trova il nome Qoros, che piace. Vuole evocare “chorus”, un coro dove nessuno stoni nonostante le provenienze diverse, con la Q di “quality” che deve far parte del bagaglio di credibilità del prodotto di qualsiasi nuova automobile.
Qoros esordisce con tre modelli, una berlina tre volumi di segmento più D che C, un prototipo di crossover con motorizzazione ibrida, una station wagon. E con una squadra internazionale di manager, dal vice presidente tedesco Volker Steinwascher, ex presidente di Volkswagen Nord America, al capo designer Gert Hildebrand, già responsabile dello stile Mini. Un cinese al vertice, Guo Qian, presidente e amministratore delegato, che mantiene la carica di direttore generale della casa madre Chery.
Sia a Ginevra che a Shanghai sono testimoni di un interesse sorprendente intorno al nuovo marchio: eppure in Europa i mercati vanno a picco, in Cina il governo vorrebbe ridurre drasticamente il numero dei costruttori locali, nonostante le dimensioni mondiali del mercato. Ma è su questi due continenti che Qoros conta di esordire entro la fine del 2013, gli Stati Uniti seguiranno forse nel 2015.
Nel “chorus” c’è anche un italiano, Stefano Villanti, responsabile vendite e marketing. A Shanghai per lo staff di Qoros è soltanto “Stefano”, probabile che nella traslitterazione sia più facile da pronunciare. “Stefano” deve sembrare una stella del rock ai colleghi giornalisti cinesi, tanto lo circondano di attenzioni e domande. “Nei giorni del Salone, sul nostro sito abbiamo avuto più di centomila visite al giorno – ci dice Villanti – non male, vero? Il 93% in cinese, il resto in inglese”.
Villanti viene da McKinsey, dove approda nel 2000 per occuparsi di automotive fino al 2008, quando Qoros per cui ha lavorato nell’ultimo anno lo assume a tempo pieno. Tocca a lui posizionare il nuovo marchio nei due mondi prescelti, per partire. “Il cliente cinese vuole un prodotto internazionale, noi siamo una squadra internazionale e l’Europa è necessaria per sviluppare la migliore brand imagine del marchio”. Non teme per Qoros un concreto scetticismo dopo tanto virtuale entusiasmo? “Che in Cina ci possa essere scetticismo è comprensibile. Tipo, ma come, ci sono cento brand e arriva il centunesimo? La gente si chiede se sarà vero questa volta. Paradossalmente, in Europa è stato il contrario: si è passati da uno scetticismo di base, del tipo ‘andiamo a vedere quest’auto che arriva dalla Cina’, poi si sono accorti quanto fosse concreta ed è nato l’entusiasmo. Per Qoros, direi che la percezione cambia appena si vede il prodotto”.
In Cina, il marchio sta costruendo da zero fino a 100 punti vendita esclusivi entro la fine dell’anno, in Europa sta trattando con venti importatori e duecento dealer, anche se per il 2013 l’esordio è previsto per ora in un solo paese del centro Europa. Da noi i prezzi della berlina partiranno da meno di 20.000 euro, più del 30% in meno se si prende una concorrente come Mercedes C o Bmw serie 3, sempre conveniente se la rivale si chiama Audi A3. Prezzi che non cambiano in Cina, “allineati a quelli della concorrenza europea ma con più contenuti”, specifica Villanti.
“L’Europa non è il nostro principale obiettivo di mercato nei primi due, tre anni”, dice il ceo Guo, ma in Cina nel 2014 Qoros pensa di vendere “più di 30.000 auto. Sarà un marchio di volumi, ma posizionato premium (ma cosa è davvero premium, ndr?), anche se non ancora come lo è Bmw”. “La società cinese – parla ancora Villanti – si sta sviluppando orizzontalmente, la differenziazione comincia a essere molto importante. Puntiamo a vendere un prodotto sofisticato e diverso, una alternativa che ha molto valore. In Cina i prodotti di valore negli ultimi dieci anni sono stati europei e americani, per cui l’aspettativa è di avere un prodotto internazionale. La sfida di comunicazione è qui, ed è passata. E’ la nicchia di mercato che cerchiamo”.
Dal punto di vista industriale, Qoros nasce con un investimento iniziale di 1 miliardo di dollari, diviso equamente tra i due partner. I dipendenti crescono come solo può accadere in Cina, passando da 230 agli attuali 1.100, di cui circa 500 operai destinati alla fabbrica nuova di zecca di Changshu, vicino Shanghai, con capacità produttiva di 150.000 unità all’anno, estensibile fino a 450.000.
Con Qoros lavorano fornitori noti, come Magna Steyr (sua la piattaforma modulare per i primi tre modelli), TRW, Continental, Bosch, Getrag, Benteler, Lear, Microsoft-Azure, Harman, Neusoft-Alpine e Iconmobile. Tanto per essere chiari sul “chorus” e sulla “Q” del marchio, a capo della qualità (vero punto debole finora dell’intera produzione cinese) viene preso Ralf Nicolas, che faceva lo stesso lavoro alla Opel. Completano il quadro industriale motori a quattro cilindri 1.6 benzina 16 valvole, più due turbobenzina 1.4 e un tre cilindri 1.2 conformi alla omologazione euro 6. Il tutto è partito da un foglio bianco, perché Chery ha messo soldi e presidente, ma vuole che Qoros cresca distinguendosi verso l’alto dalla gamma della casa madre.
A differenza di Hildebrand o di Nicolas, “Stefano” è stato arruolato sul posto. “E pensare – mi dice – che a Shanghai ero venuto per starci al massimo un paio d’anni. Mia moglie è giapponese, è una donna d’affari e, da questo punto di vista, Roma non le piaceva, capirà…Adesso che siamo qui con Qoros? E’ perfetto, cucina una coda alla vaccinara meravigliosa e va in vacanza in Italia”. I cinesi la chiamano “Stefano” e basta, aiuta essere italiano? “Li sorprende un po’ che si possa essere dentro la loro cultura. In sette anni che sono qui, so dire dieci parole in cinese, ma credo che l’italianità possa fare la differenza, lavorando con quella mentalità dell’artigiano che non accetta difetti”.
(Pubblicato su InterAutoNews DATA BOOK maggio 2013)
[…] Largo a giovani si dice dalle nostre parti (e poi magari neanche succede per davvero). E lo dicono evidentemente anche in Cina dove uno stagista ventinovenne è arrivato a disegnare quella che potrebbe diventare nel 2020 l’ammiraglia del marchio Qoros. […]