E’ in arrivo un colpo mortale per i pochi drive in ancora sopravvissuti nelle periferie americane. A fine mese l’industria del cinema smetterà di far circolare le pizze di celluloide a 35 mm, il vecchio standard delle proiezioni che da anni ormai è stato rimpiazzato dal formato digitale. C’è poco da eccepire: il confronto tra il volume, i costi di spedizione e di riproduzione sono tutti in favore del secondo, e alla lunga la pellicola è diventata non solo desueta, ma anche improponibile in termini commerciali.

Il problema specifico per i drive in è che nessuno tra i proprietari ha compiuto il passo necessario per adeguarsi al nuovo corso, e cioè ha speso i 75.000 dollari necessari per comprare un proiettore digitale. Basta andare a visitarne uno per rendersi conto che sono diventati la versione moderna dei circhi di terza categoria, quelli di proprietà familiare che si trascinano a fatica da una piazza all’altra durante l’estate, sempre il lotta per far quadrare i conti, aperti per abitudine e per devozione più che per far cassa. Come i circhi di periferia, anche i drive in hanno la loro versione del vecchio pachiderma spelacchiato: è appunto la colossale macchina da proiezione custodita in una cabina di cemento, che sbuffa e esala una nuvoletta continua di vapore contro l’inchiostro della notte.

Ce n’è uno vicino a casa mia in campagna, l’Hathaway Theatre, che negli ultimi anni ha continuato eroicamente ad aprire quattro giorni la settimana dal Memorial day al Labor day, l’arco da fine maggio a inizio settembre che segna l’estate americana. Io vado con frequenza religiosa a parcheggiare su una delle dune parallele, a fianco degli altoparlanti che da anni sono rotti e che nessuno hai mai sognato di fa riparare. Mi piace l’odore pungente del popcorn. Aspetto con trepidazione che la nebbia notturna si levi verso il palco, a rendere più misterioso il ‘noire’ di mezzanotte. Ricordo di averci visto con i miei figli l’arido paesaggio di ‘Tè nel Deserto’ davanti ad una pioggia scrosciante, e di aver mitigato la paura di fronte alla tempesta di ‘Cape Fear’ sotto una serena stellata di diamanti.

Anche l’Hathaway Theatre di Eagle Bridge promette di chiudere i battenti a fine mese. In suo soccorso invece che le Chevrolet e le Buick che hanno affollato per un secolo i drive in, è accorsa la Honda, con un concorso nazionale che alla fine assegnerà cinque proiettori digitali ai teatri più votati dai loro clienti, omaggio della casa giapponese. Più che un aiuto, è un pugno nell’occhio alla concorrenza americana, così cieca di fronte ad una data funerea per tante generazioni di autocineasti.

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