C’è un’industria automobilistica che ha una strategia di sviluppo ambiziosa. E non è tedesca. Parlo di Nissan che in questi giorni ha riunito la stampa internazionale negli Stati Uniti per illustrare i piani per il futuro. L’evento coinvolge anche il marchio di lusso Infiniti e quello appena rilanciato (era stato abbandonato nel 1981) e per ora dedicato solo ai Paesi emergenti, Datsun.

I giapponesi hanno dichiarato di voler raggiungere entro il 2016 una quota di mercato dell’8%, l’equivalente di circa, alle stime di oggi, più di 6 milioni di veicoli. Nel 2012 si erano fermati a 4,914 milioni. In pratica circa 1 milione di unità in 4 anni. Non pochi. Tanto più se nel primo semestre del 2013 le vendite globali sono scese a 2.524.499 unità, con un -3,8% su base annua. Lo stesso contributo alla causa da qui al 2016 di Infiniti (“pensiamo a costruire il brand più che ai volumi”) e di Datsun (“sul mercato dal 2014  e solo in India, Indonesia, Russia”) sarà ridotto al minimo e di modelli aggiuntivi di volume non se ne vedono (mentre la gamma delle elettriche sarà composta di 5 modelli). In Nissan puntano diritti anche all’aumento dei profitti: nel 2016 i giapponesi vogliono arrivare all’8% contro l’attuale 6% circa.

Detto questo, credo che Nissan sia in grado di raggiungere entrambi gli obiettivi. Vi spiego in breve perché. E’ ben posizionata nel segmento dei suv e crossover, quello che, a detta di tutti, ha nei prossimi anni i maggiori margini di crescita. Ovunque: Stati Uniti, Europa, Brasile e Cina. Non c’è industria generalista con un portafoglio migliore di questo tipo di vetture. E non c’è prodotto, alto di gamma a parte, più adatto per fare profitti.

La presenza di Nissan poi nel mercato globale è ben equilibrata: aspetto che mette l’industria giapponese al riparo dalle turbolenze della domanda e valutarie (leggi, ad esempio, svalutazione monete dei Paesi emergenti). Tanto più se, in termini finanziari, più di alcune concorrenti, produce dove vende: l’80% circa delle auto vendute in Europa sono prodotte nel Vecchio Continente. A partire dal 2015 l’85% delle vetture vendute negli Stati Uniti sarà “made in Usa” (oggi è comunque oltre il 70%). E’ poi ben posizionata sul mercato cinese dove punta diretta al 10% di quota e ha una strategia di design specifica (vedi concept Friend-Me).

I numeri che arrivano poi dal mercato dei veicoli commerciali leggeri sono confortanti: 1,14 milioni nel fiscal year 2012. Senza considerare il boost delle vendite che potrebbe arrivare dal prossimo ottobre quando l’NV200 (presente in 40 mercati) diventerà il taxi ufficiale della città di New York.

La stessa Datsun, come mi hanno raccontato negli Stati Uniti i colleghi indiani (dove oltre a Indonesia, Russia e Sud Africa sarà venduta), pur rimanendo un’incognita potrebbe avere “buone possibilità di cogliere nel segno”. A differenza di quanto raccontato finora Datsun non sarà un marchio low-cost puro: verrà posizionato un poco più in alto e garantirà margini, nelle intenzioni, simili a quelli di Dacia (sulla Duster gli stessi di Bmw …). Ci sono poi le elettriche: 75.000 Leaf vendute finora non sono quanto sperato da Ghosn all’inizio ma garantiscono una leadership tecnologica in grado di spingere in alto il valore del brand. Non è un caso che, anche grazie alle elettriche, il valore del marchio Nissan è quello che cresce di più all’interno dell’industria automobilistica (ricerca Interbrand).

Tanti indizi che (forse) fanno una prova: Nissan potrebbe raggiungere gli obiettivi lanciati. Si accettano scommesse.

Lascia un commento