Elon Musk si è messo in tasca più di un miliardo di dollari martedì con un ulteriore balzo in borsa delle azioni Tesla (258,58 dollari alla chiusura, +14% in un solo giorno). Mentre scrivo sono a 253 dollari ma l’altro giorno è bastato che a Wall Street circolasse la voce di un annuncio imminente, la probabile partnership con una grande azienda dell’elettronica come Panasonic per la costruzione di batterie, per far scattare una valanga di acquisti senza precedenti, che ha catapultato la capitalizzazione della Tesla oltre la metà del valore della Gm e della Ford, più di tre volte quella della Fiat.

E’ bene ricordare che Tesla vende al momento 22.000 vetture l’anno in tutto il mondo, ovvero la metà delle Cinquecento che la Fiat piazza sul solo mercato americano. Il fatto è che le vende con un margine di profitto del 25%, in un mercato dove il 10% è raramente toccato da Ford e Gm, che manda in fibrillazione gli analisti, tanto che Morgan Stanley ha fissato il nuovo target price delle azioni a 320 dollari.

Musk ha venduto finora ad un manipolo di clienti ricchi un dragster da 100.000 dollari in grado di bruciare la Corvette Stingray sulla distanza di un miglio con partenza da fermo (una vittoria e una sconfitta ad onor del vero, in una prova su pista condotta da giornalisti del sito Business Insider). Riuscirà ad applicare la formula del 25% anche ad un’auto elettrica di grandi numeri, come suggerisce l’accordo da un miliardo di dollari con la Panasonic, che prevede la costruzione di una megafabbrica di batterie agli ioni di litio?

E’ chiaro che i parametri convenzionali con i quali siamo abituati a giudicare il business dell’auto, in questo caso non valgono il costo la carta sui quali li scriviamo. Musk non è l’ Henry Ford del terzo millennio, e non ha per le mani piani rivoluzionari che aumenteranno la produttività della sua catena di montaggio. L’imprenditore americano di Pretoria, Sud Africa, è un anello di congiunzione generazionale tra Detroit e la Silicon Valley, così come il suo collega Bezos lo è per giornali e libri. La folle corsa dello stock Tesla è alimentata anche dai contatti che la Tesla ha con Apple (come abbiamo già scritto qui), Google, e Microsoft, piuttosto che con quelli con la UAW e la lobby delle concessionarie di auto americane. E per questo il suo esito rimane totalmente aperto, in bilico tra l’esplosione istantanea del fatturato e la possibile implosione del sogno.

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