L’analisi di un bilancio consolidato non è mai cosa facile. Tanto più se le case automobilistiche cercano di concentrare la comunicazione corporate su quei dati che, almeno a prima vista, sembrano essere positivi. Non è semplice estrapolare, tra migliaia di numeri presentati, quelli davvero significativi che riguardano solo il business automotive, al netto quindi del contributo di partecipazioni e servizi finanziari, oppure quelli riferiti alla performance di un singolo marchio o di una singola regione di mercato. Lo stesso confronto tra i dati pubblicati da Case diverse ha le sue difficoltà: spesso si usano definizioni diverse per parametri tra loro simili come ad esempio la decina che riguardano il termine “profitto”.
Nonostante questo, focalizzando l’analisi sui costruttori generalisti e in particolare sul mercato europeo, il cui perimetro anch’esso varia a seconda della struttura organizzativa delle Case (può includere o meno Medio oriente e Africa, oppure la Russia o la Turchia) si riescono a estrarre informazioni interessanti.
Cominciamo dal gruppo Volkswagen, che come diciamo in questo blog da tempo, è ormai diventato un costruttore premium, con Audi e Porsche che fanno oltre l’80% dei profitti operativi della divisione autovetture, pari a 9 miliardi di euro. Il marchio Porsche, con circa 150 mila unità vendute e un margine del 18.2%, guadagna poco meno del marchio Volkswagen, che però di veicoli nel mondo ne vende 4,7 milioni con un margine medio del 2,9%.
Se è poi impossibile trovare, nelle 290 pagine dell’Annual Report 2013, un riferimento alla performance economica per regione, d’altra parte è interessante notare che le joint venture in Cina hanno generato per Volkswagen un profitto operativo -non incluso nel bilancio consolidato – pari a 4,3 miliardi di euro. Le consegne dei tedeschi in Cina rientrano invece nel totale e incidono per circa il 50% dei volumi.
Passiamo al gruppo Renault, che include il marchio Dacia. Lo scorso anno il profitto operativo dell’auto è stato di 495 milioni di euro, con un margine dell’1,3%. L’obiettivo dichiarato è di arrivare al 5% nel 2016, includendo però anche i servizi finanziari che oggi pesano per il 60% dei profitti operativi del gruppo. Come? Più volumi e una ulteriore riduzione dei costi (grazie all’alleanza con Nissan, i francesi contano di risparmiare almeno 4,3 miliardi entro il 2016 condividendo tecnologie e acquisti).
L’EBIT di Renault è negativo, mentre il profitto netto è positivo per 695 milioni di euro, grazie al contributo della partecipazione in Nissan, pari a 1,5 miliardi. Negli ultimi dieci anni, il 65% dell’utile netto di Renault viene da Nissan, di cui i francesi detengono il 43.4%. Nessun riferimento alla performance dei singoli marchi: se è vero però come si dice che Dacia abbia un margine dell’8 – 9%, allora Renault potrebbe perdere soldi, anche se due terzi del milione di veicoli costruiti lo scorso anno sulla piattaforma low-cost M0 sono marchiati Renault, e solo un terzo Dacia.
Tutto chiaro, o quasi, per il gruppo Fiat, che utilizza la definizione trading profit per l’utile operativo: nel 2013 è stato di 3,4 miliardi di euro con un margine del 3,9%, mentre l’EBIT è inferiore ai 3 miliardi. Al netto di Chrysler, l’EBIT Fiat però è negativo, e la perdita netta è di 441 milioni, circa la metà del 2012. Gli stessi dati, nel caso di Fiat, sono disponibili per regione, con una perdita in EMEA di 470 milioni e un margine negativo al 2.7%. Gli obiettivi per il 2014 sono piuttosto conservativi, con un profitto netto per il gruppo, ben al di sotto del miliardo di euro, soprattutto a causa del Brasile, che non è più la gallina dalle uova d’oro (trading profit in calo del 40% con EBIT più che dimezzato rispetto al 2012).
Situazione ancora critica per Psa, sia pure in miglioramento. La divisione auto ha perso a livello operativo (recurring operating income) circa 1 miliardo di euro, con un margine negativo al 2.9% (-3.9% lo scorso anno). Nonostante il contributo positivo di Faurecia e Psa Finance, rispettivamente per 538 e 368 milioni, la perdita operativa di gruppo, a causa di spese non ricorrenti, è di 1,3 miliardi, mentre quella netta ammonta a 2,3 miliardi. Nel 2013 il gruppo ha “consumato” molta meno cassa, con un flusso operativo negativo per 426 milioni rispetto ai 3 miliardi dello scorso anno. Nessuna traccia dei risultati per marchio o per regione, fatta eccezione per il fatturato consolidato, che vede l’Europa contribuire per il 65,8%.
Infine gli “americani”, Opel e Ford. Nel rapporto Facts and Figures 2013 pubblicato sul sito web di Opel non è incluso alcun dato finanziario mentre su quello di Gm risulta che il profitto netto consolidato globale è stato di 3,8 miliardi di dollari, mentre l’EBIT – adjusted é stato di 8,6 miliardi, con un margine del 5,6%. L’EBIT – adjusted di Gm Europe (oltre ad Opel include Chevrolet) nel 2013 è stato negativo per 844 milioni di dollari (rispetto ai 1,9 miliardi di perdita del 2012), con un margine negativo del 4,2%.
Nel 2013 Ford, grazie al mercato americano, ha conseguito profitti record, nell’ordine di 8,6 miliardi di dollari a livello operativo (automotive 6,9 miliardi, 5,4% di margine) e di 7,2 miliardi a livello netto, con un’impressionante generazione di cassa (l’automotive operating-related cash flow é stato di oltre 6 miliardi di dollari). In Europa la perdita è stata di 1,6 miliardi, con un margine negativo del 5,8% (-8.0% nell’ultimo trimestre). Ma questo non ha impedito al direttore finanziario Bob Shanks di dichiarare che “Europe is on its way to profitability in 2015”. Of course Bob, of course…
[…] risiamo. In questo post del 27 marzo scorso ci eravamo permessi di essere scettici sulla capacità da parte di Gm e Ford di […]