La guerra dei prezzi in Europa non è una questione di cronaca recente, è cominciata quando con 10.000 lire si faceva il pieno al “cinquantino” e ancora restava qualcosa per un gelato. La crisi dell’ultimo quinquennio, però, ha peggiorato drasticamente la situazione, perché s’è abbattuta su un mercato caratterizzato sì da alti numeri, ma anche da margini già ridotti all’osso. La brusca riduzione dei volumi ha tolto il velo a un sistema che produceva troppo e rendeva poco, che si reggeva in piedi solo andando di corsa, la spirale di perdite ha quindi trasformato la frenesia produttiva in necessità di smaltire il prodotto e i punti di riferimento – in una competizione per la sopravvivenza – sono saltati.
Un parametro su tutti: quanto costano davvero le automobili? È una domanda solo all’apparenza banale, la cui risposta più ovvia dovrebbe essere: basta guardare i listini. Discorso chiuso? Non proprio, perché la scarsa fiducia dei consumatori che rinviano l’acquisto dell’auto in attesa di tempi più stabili, sta generando un nuovo, inedito capitolo della storia.
Le Case sembrano reagire a questo momento “di magra” con una strategia piuttosto semplice e di consolidata tradizione: gli sconti. Questi possono avere un senso se servono a “piazzare” l’invenduto che si accumula per via della crisi e della sovrapproduzione, ma ribassi tra il 10 e il 20% sul prezzo di listino sono oramai la norma anche su modelli freschi di lancio e vengono comunicati dalle Case già in occasione delle presentazioni stampa.
Questo fenomeno porta a un’altra domanda da Sagra dell’Ovvio e dell’Aria Fritta: perché gli sconti anche sui nuovi modelli? Qui ci spostiamo nel mondo delle ipotesi, ma neanche troppo. All’immaginaria Università delle Economie di Scala ci insegnano che i costruttori calibrano il prezzo in maniera progressiva per ammortizzare gli investimenti produttivi, si parte più alti e poi si scende gradualmente man mano che il modello invecchia. Preso per buono quest’assioma, come si spiega il fenomeno degli sconti a due cifre percentuali sui modelli in fase di lancio?
La concorrenza in questo momento è feroce, vero, ma escludiamo per un momento dal sillogismo il teorema dell’autorevole Prof. Dott. Sergio Marchionne della neonata London – Amsterdam University, secondo cui in Europa si vende in perdita. Ne discende, per logica abduzione, che i listini sono gonfiati. Tertium non datur: se l’offerta lancio è uno sconto del 15% e la casa produttrice non ci perde, allora il prezzo di partenza è più alto del dovuto. Di nuovo, perché?
Le prime due ragioni che vengono in mente sono una strategica e una emotiva. Si tiene il valore ufficiale più alto del vero prezzo di transazione perché, in caso di ripresa del mercato, sarà più facile ridurre gli sconti, piuttosto che aumentare i listini. La ragione emotiva è invece la solita in tempi caratterizzati da eccesso d’offerta, convincere il cliente che sta facendo l’affare della sua vita.
Ma un pricing slegato dal reale costo o valore dell’auto, alla fine, non rischia di confondere o – peggio – scoraggiare i potenziali acquirenti, aumentando il già greve senso d’incertezza?
Non è la sagra dell’ovvio. Il settore dei veicoli industriali e degli pneumatici hanno vissuto per decenni di listini gonfiati: tutti sapevano, nessuno affrontava la questione. Addirittura si era arrivati, prima di internet, ai “listini ufficiosi”.
Un bel giorno la bolla è scoppiata. E si sono fatti molto male in parecchi.