Il taglio del nastro di quota 10 milioni di vetture vendute nel 2014, traguardo raggiunto con qualche anno di anticipo sul previsto come sottolineato al Salone di Detroit, segna l’ennesimo record per il gruppo Volkswagen. Sullo scacchiere del mercato dell’auto globale non sono ancora piovuti i risultati ufficiali di Toyota (GM si è invece fermata a 9.924.880 veicoli), ma è assai probabile che lo scettro del costruttore più grande per numero di immatricolazioni sia passato per la prima volta ad un costruttore europeo.

Il che – viste le condizioni del mercato del Vecchio Continente – la dice lunga sul talento del gruppo dirigente di Wolfsburg che ha saputo sfruttare la globalizzazione come nessun altro. Chapeau, dunque.

Tuttavia sulla scrivania di Ferdinand Piëch non tutti i dossier portano il segno più. In attesa di capire con la prossima trimestrale il livello dei margini di profitto del marchio Volkswagen, il cui calo ad agosto fece saltare la testa del potentissimo capo del manifacturing Michael Macht, Volkswagen registra segnali pessimi in Brasile e mediocri negli Stati Uniti.

Le ultime notizie dal Brasile riferiscono del licenziamento di 800 lavoratori dello stabilimento di San Bernardo, quello dove un tempo si assemblava il mitico pullmino Kombi, e della perdita della seconda posizione fra i costruttori.

Nel 2014, VW ha venduto in Brasile 576.500 vetture (2.000 in meno di GM e 120.000 meno di Fiat) contro le 682.000 del 2013. In percentuale il rallentamento è ancora più netto: se il mercato brasialiano è sceso del 9% circa Volkswagen ha perso il 15% sul 2013 che a sua volta aveva segnato un -12% sul 2012.

La crisi brasiliana (Pil stagnante e forte inflazione) ha bruciato molte facili illusioni di tutti i costruttori, ma Volkswagen Brasil sembra aver aggiunto ai guai collettivi un paio d’autogoal come, ad esempio, quello di non essersi preparata a sostituire alcuni modelli messi fuori gioco da nuove asticelle tecnologiche (airbag obbligatori, start & stop, …) introdotte da alcune leggi.

Note dolenti anche dagli Stati Uniti. I consumatori yankee non hanno apprezzato la Passat “modificata” proprio per il mercato Usa e costruita nell’impianto di Chattanooga sull’onda di 577 milioni di dollari di incentivi pagati sull’unghia dallo Stato del Tennessee. E così, mentre nel 2013 il marchio Volkswagen aveva piazzato negli Usa 407.000 unità, il carniere del 2014 segna solo 367.000 immatricolazioni.

Un 10% secco in meno. Audi invece è salita del 15% a quota 182.000 (ma resta molto staccata da Bmw e Mercedes). Per fortuna – soprattutto dal lato profitti – che c’è Porsche con le sue dorate 47.000 immatricolazioni, 5.000 in più del 2013. In sé una marcia trionfale, ma decisamente troppo piccola per quello che oggi è il primo costruttore mondiale.

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