Una fiammata di paternalismo? O la spallata finale al sindacato? I giudizi di stampa e osservatori sul recente annuncio di Sergio Marchionne riguardo ai premi fino a 600 milioni in quattro anni per i dipendenti di FCA non si sono allontanati dalle classiche analisi formulate sull’asse capitale-lavoro. Tuttavia, a guardare bene i dettagli dell’operazione che sarà completata a maggio con il varo di tutte le voci del nuovo contratto, è possibile offrire un’altra chiave di lettura lungo un altro schema: Marchionne stanzia soldi anche per accelerare il processo di semplificazione della Fiat (e, in prospettiva, dell’Italia).

I lettori di Carblogger conoscono già la predilezione del manager col maglioncino per le aziende orizzontali, a bassa gerarchia (ma, almeno in Usa, non a bassa intermediazione), con fabbriche guidate da tandem formati da direttore e team leader operai (uno ogni sei dipendenti, quindi in grado di tenere aperto un canale diretto dell’azienda con tutto il personale). Uno schema – l’orizzontalità – a suo giudizio più adatto di quello tradizionalmente “verticale” ad affrontare il mondo globalizzato che, Marchionne lo ripete ogni volta che può, “è un mondo piatto”.

In questo contesto, i 600 milioni di premi lubrificheranno un pacchetto di nuove regole contrattuali destinate a semplificare la vita della fabbrica a partire dalle strutture sindacali interne. Fra le norme del nuovo contratto ci sarà ad esempio un nuovo regolamento del consiglio dei delegati di ogni fabbrica le cui decisioni prese a maggioranza varranno automaticamente per tutti. Un passaggio che si svilupperà nell’intreccio di due fili rossi: da una parte quello dell’incentivo per i dipendenti a fornire proposte operative per la riduzione dei costi dello stabilimento dove lavorano (più scendono i costi, più salgono i premi) e dall’altra quello della spinta dei delegati sindacali a raggrupparsi per raggiungere una vera e propria “maggioranza di governo” dello stabilimento.

Ecco perché se la Fiat di Valletta aveva interesse ad appoggiare la costituzione di sindacati aziendali frantumando il “fronte operaio”, oggi l’azienda con discrezione ma con costanza spinge verso la soluzione opposta: un polo sindacale unitario. Paradossalmente non per ridurne il potere ma perché la maggiore sofisticazione delle auto in produzione, dunque il nuovo modello di business aziendale, ha bisogno di forte condivisione da parte del personale che solo un sindacato attivo, in una fabbrica governata con leggi chiare e semplici, può garantire stabilmente.

Alla lunga la partita è quella di far nascere anche in Italia un sindacato di peso col profilo da “problem solver” già indossato dall’IgMetall tedesco o dell’Uaw americano e non a caso proprio in questi giorni sono emersi i primi segnali di fumo fra Fim-Cisl, Fismic e Associazione Quadri. Se son rose fioriranno ma in Italia, questo è sicuro, semplificare non è semplice.

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