Dopo che questo blog ne ha parlato tra i primi in Italia lunedì mattina, la notizia del defeat device di Volkswagen ha fatto rapidamente il giro del mondo, con il titolo in caduta libera e decine di miliardi di capitalizzazione bruciati in poche ore. Un vero disastro. Personalmente, non sono così sorpreso: al contrario di Vittorio Zucconi che su Repubblica parla della caduta di un mito, non ho mai creduto all’integrità tedesca, così come all’affidabilità delle Volkswagen, peraltro mai supportata in questi termini dagli analisti di settore.
Ciò detto, ritengo che non sia un danno solo per Volkswagen, o per l’industria automobilistica tedesca, ma per la reputazione di tutto il settore, che in passato si è spesso distinto per mancanza di trasparenza. Certo, Volkswagen è un leader, e come tale fa molto più notizia, proprio perché dovrebbe essere un esempio per gli altri.
C’è da scommettere che Marchionne & Co. stiano godendo non poco delle vicissitudini di Volkswagen ma – come si dice – non dire mai per chi suona la campana … tant’è che anche le azioni FCA (e non solo) oggi stanno perdendo quota.
Eppure la vicenda ha davvero dell’incredibile. Volkswagen ha ammesso pubblicamente lo scorso 19 settembre (lo aveva già fatto con l’EPA a inizio settembre) l’impiego del software (che pare sia stato montato su 11 milioni di veicoli), ma è dal maggio dello scorso anno che era stata informata dei test ed aveva tentato di metterci una pezza (nel vero senso della parola, un software patch) richiamando mezzo milione di veicoli nel dicembre 2014.
Anche quando, al contrario di quelli fatti in laboratorio, i test fatti su strada in condizioni reali, commissionati alla West Virginia University da John German (nomen omen) capo dell’International Council on Clean Transportation, confermavano le discrepanze in termini di emissioni, gli ingegneri della Volkswagen hanno continuato a contestarne la validità tecnica. Fino a quando le è stata negata l’omologazione per le versioni diesel relative ai modelli 2016.
E adesso ? Entro la settimana è previsto un Consiglio di Amministrazione straordinario a Wolfsburg, ma il destino di Winterkorn, CEO del gruppo Volkswagen, appare segnato.
Desta sorpresa che a chiederne apertamente le dimissioni sia stato il più autorevole esperto tedesco del settore, il Prof. Ferdinand Dudenhöffer; i maligni sostengono che dietro il caso ci sia addirittura Ferdinand Piech, costretto alle dimissioni dal ruolo di Chairman da Winterkorn lo scorso aprile. Ma Piech è tuttora il maggior azionista di Volkswagen e, anche tenendo conto del suo ego smisurato, è difficile immaginare un suo coinvolgimento diretto.
E questo è solo l’inizio.
Già qualche anno fa in Cina VW fu coinvolta – solo dopo che l’AQSIQ la costrinse a richiamate 400.000 auto – ad ammettere malfunzionamenti ad alcune vetture: http://www.automotivespace.it/richiamate-384-181-vw-valgono-piu-i-soldi-o-la-faccia/
evidentemente per qualcuno la faccia vale meno dei $$$$$$…