Un colpaccio da quattro miliardi di euro ma soprattutto, per il mondo del trasporto italiano, un evento a suo modo epocale. La recentissima assegnazione ai francesi di Ratp della gestione dell’intero sistema dei trasporti pubblici su gomma della Toscana – sempre ammesso che l’operazione sopravviva alla guerriglia di ricorsi  giudiziari  – potrebbe generare enormi effetti a catena.

Sì, perché il sistema trasporto pubblico italiano è alla frutta, frammentato in migliaia di società di gestione spesso lillipuziane ma guidate da folti consigli di amministrazione, con investimenti low cost sul fronte delle strutture e del personale (il contratto nazionale è bloccato dal 2007) e con un peso sul bilancio pubblico di oltre 5 miliardi di euro all’anno, insostenibile nel lungo periodo specie per la cattiva qualità del prodotto finale.

Ratp ha battuto l’altro colosso che sta facendo capolino su questo mercato moribondo e al tempo stesso ricco di opportunià: le Ferrovie dello Stato.
Il “caso Toscana” getta una nuova luce su quanto sta accadendo nel trasporto pubblico di Roma. Qui, intorno al destino della più  grande e scassata azienda dei trasporti d’Italia, l’Atac, di proprietà  del Comune, è in corso una partita rocambolesca.
La società capitolina sta vivendo un drammatico 8 settembre. E’ stata saccheggiata spietatamente non solo dalla politica ma da una parte della dirigenza (è in corso un processo per la duplicazione di biglietti effettuata all’interno dell’azienda stessa), da una cogestione clientelare del sindacato e da una evasione di massa generalizzata da parte di larghe fasce di cittadini romani.
Atac ha oltre un miliardo di debiti, di cui 400 milioni con i fornitori che ormai disertano le sue gare per l’acquisto di autobus, ma soprattutto è ormai acefala dopo le dimissioni dell’ amministratore delegato Danilo Broggi e del direttore generale Francesco Micheli.  Anche l’azionista-Comune è disarmato dopo le dimissioni del sindaco Ignazio Marino.
Nell’incredibile vuoto politico e manageriale si è  inserito l’assessore ai trasporti, Stefano Esposito. Torinese, senatore, competenze in tema trasporti guadagnate militarmente nel campo si-Tav, fuori da giri “romani” ma con un solido rapporto col premier Matteo Renzi, Esposito lavora al commissariamento triennale dell’azienda da affidare a un gruppo dirigente non romano. Un’operazione senza esclusione di colpi, compreso l ‘uso del fuoco amico.
Dalla sua postazione, l’assessore ha cannoneggiato il quartier generale Atac portando la lista degli acquisti dell’azienda (2 miliardi in 5 anni) all’Autorità Anticorruzione, col risultato di titoli a nove colonne sulle “spese pazze dell’Atac” senza che ci sia ancora neanche l’ombra di un avviso di garanzia.
Il suo disegno è inviso a molti, compresi molti esponenti del PD capitolino e dell’amministrazione Marino che giudicano il piano Esposito alla stregua di una imposizione “coloniale”. Dopo Firenze anche Roma non gestirà più i suoi autobus?
E’ presto per dirlo, ma alcune settimane fa lo stesso Esposito aveva reso noto a un Comitato Pendolari d’aver preso contatti con Ferrovie dello Stato per la gestione della linea Roma-Lido,  la metropolitana peggio gestita dall’Atac con oltre 900 partenze cassate durante la scorsa estate. E proprio per la cessione della Roma-Lido un paio d’anni fa erano fallite trattative ufficiali fra Atac e Ratp.
Insomma, se il finale del film Atac resta ancora misterioso, c’è da scommettere che gli stati maggiori di Fs e Ratp stanno già  limando diverse sceneggiature. Di certo i colpi di scena non mancheranno.
Lascia un commento