“No matter what car you purchase, they would all drive the same“. La frase è del CEO Honda Takahiro Hachigo, che l’ha pronunciata durante un’intervista ad Automotive News al Salone di Tokio e si riferisce a un ipotetico futuro (sempre meno lontano) in cui l’autonomous car sarà la norma.

Quando tutte le auto si guideranno da sole seguendo uno standard consolidato e comune – sostiene il CEO giapponese – le case costruttrici si troveranno a dover compensare la loro equivalenza funzionale con un elemento di originalità capace d’ispirare “some kind of emotional attachment from people“.

Il rischio – se si finirà per trasformare le auto in white goods, banali elettrodomestici su ruote – è di perdere l’identità del marchio e quindi clienti. Hachigo cita come riferimento il mercato delle auto d’epoca e il legame che si crea tra modelli del passato e proprietari, ma ammette che in Honda – oltre al caposaldo della sicurezza, intesa come capacità della guida autonoma di compensare l’errore umano – non hanno ancora un’idea precisa della strada da seguire.

Una visione più chiara sul tema pare invece avercela il presidente Toyota Akio Toyoda, che – sempre a Tokio in un’intervista con Automotive News – divide le auto del futuro in due categorie: quella del car sharing in cui i veicoli saranno semplici “commodities” per andare da un posto a un altro, e quella delle auto fun-to-drive che offriranno “libertà attraverso la mobilità”.

In questa seconda classe, le tecnologie di guida autonoma permetteranno ai conducenti di raggiungere “capacità di guida che vanno oltre le loro abilità attuali”, compensando i limiti umani con una specie di “aiutino” elettronico che – per farla molto semplice – trasformerà qualunque appassionato in un pilota.

L’idea è affascinante, ma mi chiedo quanti veri petrolheads – quelli per cui la guida è un coinvolgimento fisico e sensoriale, oltre che una sfida con i propri limiti – saranno felici di vedere il confine tra le proprie capacità e quelle meccaniche dell’auto offuscato da un’onnipresente mano elettronica. Il futuro della guida autonoma, detta così, rischia di essere diviso tra frigoriferi e PlayStation.

P.S. Non dirigo una casa automobilistica, ma se l’avessero chiesto a me avrei risposto che la differenza nel futuro la farà sempre di più il design, specie nella sua accezione d’interfaccia funzionale uomo-macchina. Perché magari la bellezza non salverà il mondo, ma comunque aiuta.

Commenti
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    Ormai la pubblicita’ delle auto è fatta decantando la lista dei sistemi di infotainment… assurdo! Sembra che sia fatta per decerebrati.
    Andrebbero invece sottolineati i consumi, frequenza e costo dei tagliandi, costo dei ricambi, statistiche dei guasti rispetto ai concorrenti, durata in km percorsi…
    Si scoprirebbe che auto pubblicizzate come premium non sono poi così tanto premium (vedi VW).

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    Concordo con quanto scritto nel post.
    Le auto diventeranno sempre più commodities, come è giusto che diventino.
    Ci sarà ancora qualche piccolo spazio per quei veicoli “emozionali”, penso ad esempio a sportive o fuoristrada, che ci porteranno in autonomia fin sulla soglia del “parco giochi” impedendoci poi di farci del male mentre giochiamo. O per le moto, che comunque rientrano tra i veicoli emozionali
    Però io vedo ancora dei limiti da chiarire prima che si arrivi davvero alla diffusione della guida autonoma: l’etica in caso di scelte drammatiche
    Ovvero, se la mia auto autonoma deve scegliere tra farmi schiantare contro un muro o investire 2 bambini che improvvisamente attraversano la strada, che scelta farà? Su quali parametri? E scelti da chi, il costruttore o il proprietario?
    E poi, soprattutto, comprerei un auto che, se messa alle strette, può ritenere vantaggioso uccidermi o uccidere i miei figli?

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