La Citroen Mehari non solo torna quasi trent’anni dopo la sua uscita di scena, ma torna in vendita addirittura in versione elettrica l’anno prossimo. La notizia mi salta agli occhi sfogliando Le Monde (nella foto), mentre leggo della disperazione di quella Francia democratica cui si chiede di votare al ballottaggio un candidato della destra contro un lepenista. Poveracci.

Meno male che la Mehari mi distrae, campeggiando su una pagina pubblicitaria con il tono usato in genere dalla moda e dalle sue collezioni sempre anticipate. “Brise la glace sans faire fondre la neige. Printemps 2016“. “Rompe il ghiaccio senza far sciogliere la neve”, un modo di dire che sancisca la “cosa”, dopo le anticipazioni a sorpresa in giugno e il concept visto al Salone di Francoforte nel settembre scorso.

La Citroen Mehari è un’auto non da sfracelli di mercato – cabrio, roll bar a vista, elettrica, 381 centimetri di lunghezza  – ma da rilancio dell’immagine Citroen. Un marchio dell’innovazione alla francese, appannatosi negli anni ’90 all’ombra del gruppo Psa in cui hanno sempre portato i pantaloni quelli di Peugeot. Il numero uno Carlos Tavares, nominato dai Peugeot però insieme ai nuovi azionisti paritari cinesi di Dongfeng e del governo francese, ha deciso finalmente di dare uno spazio nuovo a Citroen per differenziarlo davvero da Peugeot e da DS, pena sopprimerlo. Mehari, dopo Cactus, è la seconda bandiera di questo cambiamento, ancora più frizzante con una motorizzazione elettrica non proprio popolare sui mercati.

La rinascita della Citroen Mehari  dà più senso all’accordo firmato nel giugno scorso dal gruppo con l’imprenditore bretone Vincent Bollorè per costruire nella fabbrica Psa di Rennes le Bluesummer elettriche quattro posti e cabriolet, che assomigliano molto – almeno nella missione urbana e vacanziera – alla Mehari. Che avrà infatti lo stesso motore con batterie agli ioni litio polimeri prodotte dallo stesso Bollorè per le sue vetture, come per le altre più note berline Bluecar, destinate al car sharing Autolib e prodotte a Dieppe da Renault.

La Mehari, soprattutto se avesse successo di mercato, potrebbe essere una buona notizia per la fabbrica di Rennes, afflitta da sovracapacità produttiva come le altre del gruppo in Francia, secondo un documento confidenziale datato 20 novembre ma finito sulla stampa francese. Per il 2018, da Rennes dovrebbero uscire complessivamente 62.000 veicoli, a fronte di una capacità variabile fra le 65 e le 95.000 unità. La piccola Mehari magari aiuterà: della vecchia ne sono state prodotte 150.000 in quasi vent’anni.

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