Il settore dell’automotive sembra inscalfibile. Anche eventi come Cop21, che avrebbero potuto avere enormi impatti sull’auto, finiscono per essere come un po’ di solletico e niente di più. Nelle prime versioni dell’accordo raggiunto a Parigi si parlava di decarbonizzazione, con la quale si intendeva il totale abbandono di carburanti fossili. Nel testo finale questo concetto è stato sostituito da più generali obiettivi di “bilancio tra emissioni antropogeniche e rimozione di queste da parte dei cosiddetti sink biosferici nella seconda metà del secolo”. Che significa?

Semplicemente che si può continuare ad usare questo tipo di carburanti. Mi viene in mente la commedia di Shakespeare: “Molto rumore per nulla”! In realtà mi viene in mente anche un’altra cosa: i nuovi test per le emissioni delle auto. Dopo lo scandalo Volkswagen sembrava che i nuovi test dovessero essere molto rigorosi e invece il nuovo pacchetto approvato non solo è all’acqua di rose ma, soprattutto, avrà tempistiche da pachiderma.

I nuovi test su strada saranno vincolanti a partire dal settembre 2017, mentre per le nuove auto saranno vincolanti dal 2019 (e non dal 2018, come proposto da Bruxelles). Per non parlare del fatto che le società dovranno ridurre la soglia eccedente il 50% entro gennaio 2021 per i nuovi veicoli. Insomma, c’è tutto il tempo prima di fasciarsi la testa, anche se alcuni analisti già cominciano a dipingere scenari a tinte fosche per il settore, nel medio-lungo termine, paragonandolo al settore finanziario. Vediamone alcuni, fra quelli che ho sentito in giro.

Se nel breve termine nulla sembra intaccare l’auto, ci sono effettivamente tre grossi rischi (per i costruttori)):

  • Le pressioni regolatorie (che prima o poi si faranno più stringenti)
  • Le nuove forme di mobilità che allontaneranno sempre più i consumatori dall’acquisto di auto per andare verso la “condivisione” della stessa (carsharing o format tipo Uber)
  • Nuovi competitor come Google, Apple, Faraday

Il primo effetto di queste pressioni sarà l’aumento dei costi di R&D (Ricerca e Sviluppo) e, successivamente, l’aumento dei costi per adeguare il sistema produttivo, con la creazione di nuove piattaforme che dovranno sostituire le attuali (già molto costose, con impatti sui bilanci per i prossimi anni).

A questo punto, per alcune aziende fusioni, acquisizioni e aggregazioni potrebbero essere necessarie per cercare di trovare la giusta ottimizzazione tra costi e ricavi. Qualcuno ci sta già pensando, come la Fca di Marchionne, ma è solo l’inizio del percorso. Perché lo scenario è di lunghissimo periodo.

Al momento, le uniche aziende che sembrano essere in grado di sopravvivere sono quelle già operative in tutti gli ambiti della “mobilità alternativa”, in primis Mercedes che è già presente nel car sharing (con Car2go) e anche nei taxi (con Mytaxi) oltre che nelle elettriche. Un’altra che potrebbe andare bene è Bmw, poiché è l’unica che ha una linea già interamente dedicata all’elettrico. Posto naturalmente che l’elettrico sia effettivamente il futuro. Per tutte le altre, l’impatto dei nuovi regolamenti e l’arrivo dei nuovi competitor potrebbe avere effetti dirompenti.

Certo è ancora presto per avere un quadro chiaro, probabilmente parliamo di qualcosa che accadrà nella seconda parte di questo secolo. Ma se analizziamo la velocità di propagazione delle innovazioni, magari tutto succederà molto prima del previsto.

Vi ricordate il film Highlander? Ecco, magari ne rimarrà soltanto uno…l’importante è capire chi sarà!

 

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