Nel caso Google car e patente ai robot ci sono due “sfaccettature” ampiamente sottovalutate dall’opinione pubblica, eppure strategiche per il mondo dell’automotive: cosa cambierà per le case costruttrici? E come cambierà il modo di fabbricare le auto? In altre parole, siamo di fronte all’ennesima contrazione di posti di lavoro? Detto che in giro se ne leggono di tutti i colori e che la realtà si incaricherà di smentire la stragrande parte delle profezie oggi in campo, può interessare riportare le più recenti riflessioni su questi temi che mi è capitato di incrociare.

La prima è firmata da Sergio Marchionne. Che al Salone di Detroit, a inizio gennaio, ha intrattenuto i cronisti su un tema che lui stesso ha definito “filosofico”: la disintermediazione. 

Sì, perché l’intrusione a valanga di Google e di Apple nell’automotive è destinata ad accentuare un fenomeno di cui i produttori d’auto già soffrono: la percentuale di valore aggiunto che loro stessi immettono nel “loro” prodotto sta già diminuendo. In sintesi: come si fa a incamerare profitti sull’auto, notoriamente capital intensive e quindi bisognosa di enormi investimenti, se buona parte dei margini non dipendono più dalla combinazione di acciaio e plastiche?

La realtà è chiara: un tempo l’auto veniva percepita e valutata soprattutto per il suo design e le sue prestazioni, ma nei prossimi anni una parte sempre più ampia del suo valore – a prescindere dal grado di automazione della guida che sarà raggiunto –  dipenderà dall’elettronica. E l’elettronica – o l’elettronica avanzata –  non è nel DNA dei produttori d’auto.

E non si tratta solo di un problema di (tanti) soldi. Pensate alla immensa letteratura sui “car guys”. Diventerà un ricordo per i patinati house organ di maxi-aziende svuotate nella loro spinta propulsiva? Insomma, bisognerà analizzare i dettagli, ma è certo che il profilo finanziario e manageriale dell’industria dell’auto si avvia verso l’ennesimo terremoto globale.

La seconda questione è legata al lavoro perché, checché se ne dica, l’automotive resta anche “labour intensive”. Ebbene, su questo punto domenica scorsa su Radio24 ho ascoltato una interessantissima riflessione dell’ingegner Stefano Aversa, esperto di robotica, e consulente internazionale di Alixpartners che lavora per un po’ tutte le grandi case automobilistiche. Alla domanda: l’auto che guida da sola svuoterà le fabbriche? Aversa ha risposto con un secco: “no”. Gli operai sopravviveranno anche a Google.

 

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