Volvo è un caso da tenere sotto osservazione. Prima di mettere in fila numeri e fatti che spiegano bene perché, due annotazioni: 1 ) quel che sta accadendo al marchio succede quando si ha una forte identità; 2) i “soldi degli altri” sono un riferimento benevolo al proprietario cinese Geely, che ha acquistato il marchio svedese nel 2010 dalla Ford per 1,8 miliardi di dollari. Investendo soldi veri a Goteborg, rispettando cultura e diversità svedesi, rilanciando Volvo nel fare la Volvo. Tutte cose che altrove non succedono quasi mai.
Volvo, che brilla di luce propria al punto da mancare il prossimo Salone di Parigi rinunciando alla visibilità che danno questo tipo di eventi dal punto di vista mediatico, è un caso innanzitutto di numeri. Nel primo semestre dell’anno, le vendite globali del marchio sono aumentate del 10,5% sullo stesso periodo (in ascesa) del 2015, con un più sui tre principali mercati continentali, altro segno di buona salute: + 24,8% in Nordamerica, + 10,3% in Europa, + 6,3% in Cina.
Volvo ha triplicato il margine operativo, portandolo al 6,7% dal 2,2% del 2015, dato tuttavia ancora lontano da quello dei brand premium tedeschi. Però trovo intrigante che Volvo sfidi il premium dominante stravolgendo la filosofia fin qui seguita da tutti: gli svedesi fanno soldi e mercato vendendo modelli con motori soltanto a quattro cilindri e non più a cinque o a sei anche nell’alto di gamma, come la serie 90 – il suv XC, la berlina S e la station wagon V. Domani, per gli svedesi come per i tedeschi sarà molto più ibrido plug in ed elettrico, ma intanto chapeau.
Il caso Volvo è caldo anche per altri motivi. In estate ha firmato un accordo con Uber per sviluppare insieme la guida autonoma, ha avviato su strada il proprio programma DriveMe e soprattutto ha fatto un’altra cosa che la maggior parte dell’industria dell’auto non sta facendo, almeno in termini così vistosi. In Svezia (sempre per la serie “con i soldi degli altri”) ha avviato una selezione per assumere 400 ingegneri esperti di software entro un anno. Un programma di lavoro mirato ancora ai sistemi di guida autonoma, anche in collaborazione con l’università svedese di Lund.
Se penso a quello che non succede in Italia con il costruttore nazionale, mi viene da piangere.
[…] comprese). Geely ha già dimostrato con Volvo di saperci fare (rilanciando il marchio svedese rispettandone autonomia e identità), mentre i tedeschi sono di casa in Cina dai tempi di Helmut Kohl, cioè da più di […]