Un vecchio slogan usato da Ford in Germania negli anni ’90 era “Die Tun Was” (che più o meno significa “si stanno dando da fare”). Ultimamente mi è venuto in mente pensando a Volkswagen. Non passa giorno, infatti, che la casa tedesca non faccia parlare di sé per qualche iniziativa in atto, si tratti di una ristrutturazione, di nuovi prodotti o di nuove assunzioni.

La potente macchina di pubbliche relazioni di Wolfsburg sta davvero facendo di tutto affinché i clienti possano dimenticarsi del dieselgate che, paradossalmente, di questi cambiamenti, è stato il catalizzatore, al punto che il capo del brand Volkswagen Herbert Diess ha dichiarato: “Volkswagen will change radically. Very few things will stay as they are. We want to make Volkswagen future-proof“. Wow.

Secondo il nuovo programma “Transform 2025”, annunciato la scorsa settimana, il margine operativo del marchio Volkswagen dovrebbe raddoppiare dal 2 al 4% entro il 2020 e raggiungere il 6% entro il 2025. Ciò dovrebbe avvenire non solo per effetto del taglio di 30mila posti di lavoro (che dovrebbe generare un risparmio annuo pari a 3.7 miliardi di euro) e un aumento della produttività del 25% nelle fabbriche tedesche (oggi nettamente inferiore alla concorrenza), ma anche grazie ad un significativa crescita delle revenues attraverso il rilancio delle attività negli Stati Uniti con un’espansione della gamma suv (come il nuovo Atlas) e delle grandi berline, un nuovo posizionamento globale del marchio ribattezzato “top of volume” (soprattutto in Cina, in Europa è già così), e un rafforzamento nel profittevole mercato dei veicoli commerciali leggeri con il nuovo Crafter.

Alcuni analisti tuttavia dubitano che Volkswagen possa effettivamente realizzare tali azioni, e raggiungere nei tempi annunciati gli obiettivi del programma. L’accordo con i sindacati (il cosiddetto “Pact for the future”) non prevede infatti licenziamenti fino al 2025, un compromesso non da poco tenuto conto che il gruppo attualmente impiega 624mila persone, quasi il doppio di Toyota, e la riduzione della forza lavoro avverrà solo gradualmente attraverso prepensionamenti, part-time e buyouts. Tra l’altro, circa 9mila persone dovrebbero venire assunte per sviluppare l’auto elettrica, un altro caposaldo del programma con un investimento nella mobilità elettrica superiore ai 2 miliardi e mezzo di euro e l’obiettivo di un milione di vendite l’anno, le quali è improbabile che possano contribuire positivamente al 6% di margine operativo.

Ma va riconosciuto che finalmente i tedeschi ci stanno provando–Die Tun Was, appunto. Come abbiamo più volte scritto su questo blog in tempi non sospetti, i provvedimenti annunciati da Volkswagen  erano necessari ben prima che scoppiasse lo scandalo del dieselgate, e sono un segnale inequivocabile che i vecchi tempi sono finiti per tutti.

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