Il bello è che nessuno si azzarda ancora a mettere il punto e capo all’era di Ferdinand Piech, padre padrone del gruppo Volkswagen, 80 anni il prossimo 17 aprile. Perché Piech è un highlander, uno di quelli che come su un set di Tarantino non muoiono mai anche se lo sembrano. Che anche quando è uscito di scena, è sempre rimasto lì, in regia. A fare il piechologo (come il cremlinologo di un tempo) si rischia la faccia. Dunque: forse.
Certo, a Piech hanno appena fatto un regalo di compleanno avvelenato. Famiglia e azionisti, che poi coincidono a larga maggioranza fra i Piech e i Porsche, lo hanno costretto a vendere parte delle sue quote con le quali controlla il gruppo dell’auto tedesco, diventato numero uno al mondo: diciamolo, molto per merito suo. In cambio, par di capire da una trattativa rimasta poco segreta grazie a sapienti spifferi ai media di casa, ha ottenuto che il suo nome restasse sulla lista dei sei membri da eleggere il prossimo 30 aprile da parte degli azionisti per una poltrona ancora nel consiglio di sorveglianza.
Piech è stato accusato dai suoi di tradimento: avrebbe sostenuto con gli inquirenti che i vertici del gruppo, compreso Martin Winterkorn amministratore delegato e travolto dallo scandalo del dieselgate, avessero saputo della truffa. Tutti sapevano: tranne lui?
Insomma, più che dire se Piech esce di scena definitivamente, dopo essere stato amministratore delegato dal 1993 al 2002 e presidente dal 2002 al 2015, è più saggio affermare quel che con lui non potrà comunque più accadere. Almeno quattro cose.
1. Siamo nelle mani di uno psicopatico, scrivono di Piech al consiglio di sorveglianza un pugno di manager negli anni ’90. La cosa arriva alla stampa, ma non si saprà più nulla. Né della lettera, né soprattutto di quei manager.
2. La moltiplicazione di moglie, figli e cilindri: rispettivamente tre, dodici e cinque all’Audi ancora degli anni ’90 (quando in giro andavano di moda più i quattro e i sei), marchio che Piech ha fatto grande partendo da zero. Una magnifica ossessione.
3. Comprarsi l’Alfa Romeo. Piech lo dice pubblicamente nel 2010, seguono quattro mesi di trattative più o meno riservate, si parla di cifre intorno ai 2 miliardi di euro, finché Marchionne al salone di Ginevra del 2011 sbotta: l’Alfa non si vende ai tedeschi “finché sarò Ceo”. (Almeno dunque fino all’aprile 2019).
4. Piech non farà più come Crono, il più giovane dei Titani nella mitologia greca. Crono divorava i suoi figli alla nascita dopo che un oracolo gli aveva predetto che uno di loro lo avrebbe un giorno spodestato. Goya ne ha fatto un celebre e truculento dipinto che teneva in sala da pranzo, oggi visibile al Prado di Madrid. Chiedere a Martin Winterkorn e al suo infelice predecessore, Bernd Pischetsrieder.
Piech esce di scena? Il mito greco racconta che Rhea, o Cibele, sposa di Crono, disperata di perdere i figli divorati dal padre, incinta di Zeus lo partorì sulla terra nell’isola di Creta affidando il piccolo alle ninfe e portando al marito una pietra che lui comunque inghiottì. Nascosto e protetto, Zeus crebbe, tornò sull’Olimpo e detronizzò il padre.
E’ presto per dire se l’attuale ad del gruppo di Wolfsburg Matthias Mueller sia paragonabile a Zeus, ma sicuramente non è più nascondibile a Piech. Come che vada a finire con quella poltrona, Volkswagen con Mueller ha comunque cambiato marcia, per forza e non amore. Il dopo Piech è iniziato.
Sia Winterkorn che Mueller sono stati, chi prima e chi dopo, pupilli di Piech, ma a quanto sembra il patriarca è stato tradito da entrambi.
Personalmente, ritengo che la storia nostrana descriva molto meglio tutto quello che è successo in VAG negli ultimi anni: le Idi di marzo.