Volkswagen, inteso come gruppo, ha sicuramente qualcosa da farsi perdonare dagli americani. Li ha truffati con il dieselgate, lo ha poi ammesso e ha pagato salato. Ma benché le vie del perdono siano infinite, non pensavo che Volkswagen, insieme ai connazionali di Bmw e Mercedes, si meritassero una condanna senza appello da parte del presidente Trump.

Sintetizzata (come in un tweet, oltre i 140 caratteri Trump va in confusione e si smentisce da sé)  in quel “bad, very bad” detto alla cancelliera Merkel e riferito in senso lato ai rapporti commerciali tra i due Paesi. Di cui l’auto tedesca fa pienamente parte, con le sue quote di mercato e interessi inclusi. Peggio di quando in America picconavano le Toyota, in nome del “Buy American“…

Volkswagen, Bmw, Mercedes “bad, very bad”, eppure mi viene in mente che sono passati giusto vent’anni, era il 1997, quando da Tuscaloosa in Alabama usciva una Mercedes M costruita nella prima grande fabbrica all’estero del costruttore tedesco. Dal capitalismo renano al profondo sud statunitense senza diritti che le Tre di Detroit con il loro sindacato schifavano, stabilimento piantato in quel profondo sud dove si affiancheranno presto siti di Honda e Hyundai, poco più in là Kia in Georgia. Per non dire della Bmw in Carolina del sud, era il 1994. Tutto lavoro americano, con i soldi degli altri e ben venga naturalmente, lì e ovunque.

Tedeschi “bad, very bad”, ditelo però a Trump che anche l’auto americana ogni tanto ne combina di tutti i colori in Europa. La Gm che si è disfatta della sua controllata Opel? E la Ford, che in Europa ha mandato la Mustang senza gli aggiornamenti previsti per il 2017 (fatti invece sui modelli in vendita negli Stati Uniti), costati due sole stelle nelle prove di euroNCAP? O di alcuni modelli Chrysler che Marchionne, certo a corto di soldi e con una unica possibilità in tasca, ha rinominato Lancia dando così l’ultima spintarella al marchio italiano verso il nulla? Ah, “bad, very bad”…

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