Dopo la presa di profitto di lunedì, il rally del titolo Fca è ripartito a causa della manifestazione d’interesse espressa da Great Wall prima tramite Automotive News, poi attraverso il Financial Times. Gli altri costruttori cinesi tirati in ballo – Guangzhou, Geely e Dongfeng – nei giorni scorsi avevano seccamente smentito le voci che li indicavano come potenziali acquirenti di Fiat Chrysler. La stessa Fca, tuttavia, ha negato di essere stata contattata da Great Wall. In ogni caso, l’azione ha guadagnato un ulteriore 7% chiudendo ad oltre 11 euro.

La verità è che il tempo stringe, mancano ormai pochi trimestri alla fine del 2018 quando Marchionne ha annunciato che lascerà, e ancora non si vede all’orizzonte una soluzione per il futuro assetto del gruppo che, a detta di molti analisti, non ha una strategia e da anni naviga a vista. In effetti la vendita in blocco (l’esclusione di Maserati e Alfa Romeo è pura fantasia) ad un compratore cinese, come hanno giustamente sottolineato alcuni osservatori, rimane la migliore opzione possibile. Il Financial Times scrive oggi che la Cina “può essere l’ultima speranza di vendere, prima che Marchionne si ritiri”. Al contrario di quanto affermato da altri su questo blog, l’ipotesi di acquisizione da parte di un concorrente esistente, sia esso Psa o Gm, non appare realistica, né auspicabile, così come il cosiddetto “spezzatino” con lo spin-off di Jeep e Ram.

Affermare che il rally del titolo ai massimi storici (vale a dire sopra ai 10 euro) abbia un fondamento nel miglioramento dei risultati finanziari, piuttosto che essere il frutto di manovre speculative, è quantomeno fuorviante: se è vero che il margine è salito al 6% grazie ad un EBIT adjusted di 3.4 miliardi ed un fatturato di 55 miliardi, è altrettanto vero che il debito industriale rimane al di sopra dei 4 miliardi, mentre la liquidità è passata da 24 a 20 miliardi (nel periodo, al netto degli investimenti, il gruppo ha bruciato cassa per 5 miliardi). Inoltre la situazione negli Stati Uniti, che contribuisce ai tre quarti dei profitti, sta peggiorando, con EBIT e vendite in calo rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno.

Certo, l’outlook per fine anno resta confermato, con una guidance in termini di fatturato di 115-120 miliardi di euro, un EBIT adjusted superiore ai 7, un profitto netto superiore ai 3, ed un debito industriale inferiore ai 2 miliardi e mezzo. Non abbiamo dubbi che Marchionne farà di tutto per “consegnare” il suo penultimo bilancio in linea con le aspettative, tuttavia la strada nei prossimi 18 mesi sarà sempre più stretta e non è affatto escluso che egli debba ricorrere ad un cambio di perimetro delle attività per far quadrare i conti.

Commenti

    […] Il post su Fca di Lepouquitousse mi stimola un paio di considerazioni. Partendo dal fatto che sono d’accordo quando scrive che il titolo è ai massimi storici per motivi speculativi e non per un miglioramento dei risultati, c’è anche un altro lato della medaglia. Se in questo momento un investitore vuole investire nel settore automotive deve puntare sui “cavalli” che sono più convenienti: ma Fca, insieme a Renault e Volkswagen è quella che, per ora, ha un prezzo-utile stimato per i prossimi dodici mesi più basso rispetto agli altri competitor, sia europei che americani. Certo basare un investimento nel settore automotive esclusivamente su quante volte il prezzo di un’azienda esprima gli utili futuri non è sufficiente, ma è un indicatore significativo. […]

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    Ma soltanto io sento puzza di aggiotaggio in tutta questa faccenda? FCA è quotata anche a Milano: che fanno alla consob? sono tutti ancora al mare?

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    PERSONALMENTE RITENGO CHE QUALCHE MANAGER DI FCA ABBIA CONCORDATO TUTTO QUESTO – OVVIAMENTE AMPLIFICATO SUI MEDIA INTERNAZIONALI A DISMISURA – CON QUALCHE GIORNALISTA CON AUTONEWS O SIMILARI – UNICAMENTE PER SPECULARE SULLE AZIONI AVUTE COME BENEFITS. INTANTO IN ITALIA CONSOB E BANKITALIA SONO IN LETARGIA CRONICA ED ASSERVITE AI POTERI FORTI.

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