Confesso di essere rimasto affascinato, da vecchio anglofilo, quando ho letto sulla rivista Autocar del Progetto Grenadier, nato in un pub omonimo londinese dall’idea di un miliardario inglese, Jim Ratcliffe. Ratcliffe è chairman di Ineos, il più grande gruppo chimico privato britannico, che lo scorso anno ha registrato un profitto di 4 miliardi di sterline, ed ha coinvolto nell’iniziativa tutta la squadra di management.
E l’idea qual è? Sviluppare da zero un veicolo 4×4 per gli “orfani” del leggendario Defender, la cui produzione è cessata lo scorso anno. Land Rover prevede di ripristinarla nel 2019 con un nuovo modello a telaio monoscocca in alluminio tecnologicamente più avanzato del precedente, ma Ratcliffe e i suoi sono convinti che nel mercato ci sarà ancora spazio per un veicolo tradizionale con telaio a longheroni secondo la consueta formula “Body on Frame” che, per motivi di robustezza e praticità, è apprezzata dagli appassionati di off-road. “The Grenadier has three key strengths which we have to keep front of mind: design, capability and reliability“, ha spiegato Ratcliffe.
Dal 19 settembre è attivo il sito http://www.projektgrenadier.com/ nel quale Ineos, oltre ad illustrare la visione del progetto (“an uncompromising go anywhere adventure“) e a presentare il team che ci lavorerà, invita a partecipare ad un’indagine – una specie di focus group online – attraverso la quale si esprime la propria opinione circa le caratteristiche che il nuovo prodotto dovrebbe avere. A questo proposito, mi ha colpito che, per un veicolo che dovrebbe uscire nel 2020, fossero proposte versioni a combustione interna, ma d’altra parte anche il nuovo Toyota Land Cruiser, di recente presentato a Francoforte, non prevede una versione ibrida.
Capisco il posizionamento alternativo al nuovo Defender, e certamente esiste, soprattutto in Gran Bretagna, un folto gruppo di appassionati legati ad un’immagine di prodotto spartano, robusto ed affidabile, tuttavia costruire una macchina ex-novo oggi non è come reinventare un capo d’abbigliamento o produrre un gin artigianale. Perfino Apple e Google l’hanno capito a loro spese. Ineos dispone di grandi risorse, e possiede un know-how industriale, ma dubito che ci riuscirà senza perdere soldi.
Io comunque continuerò a seguirli, e a fare il tifo per loro.
Anche io, lo ammetto faro’ il tifo. L’omologazione culturale di questi anni sta facendo produrre a tutti i costruttori macchine efficienti, risparmiose (si diceva cosi’ tanti anni fa per la Uno …) alte il giusto ma non troppo, piene di gadget, con l’aria di brave ragazze di buona famiglia in attesa di un buon partito … ma tutte uguali come bigne’ alla crema, con un micromusetto coda tronca ed un cx esasperato .
La notizia della fine della produzione della Defender, che era l’ultimo baluardo dei mezzi duri e puri con una faccia diversa ed una attitudine ad essere pecore nere per distinguersi dal branco, aveva effettivamente lasciato molti in gramaglie (me compreso ovviamente). L’idea di riproporre un mezzo unconventional come si faceva un tempo e ripercorrere la strada dei 4×4 come si deve mi riempie di gioia e come me credo molti. Certo e’ un rischio, un azzardo economico ed industriale. Ma le mode si fanno e non si seguono se si vuole vincere sul mercato e la scommessa puo’ anche essere meno azzardata di quanto si possa pensare. Quando Mary Quant invento’ la minigonna (per rimanere in Inghilterra, of course) tutti dicevano che era pazza; quando usci’ il primo walkman il signor Sony dovette faticare un mondo per convincere i suoi ingegneri a produrlo ed i suoi commerciali a piazzarlo, ma poi …. speriamo proprio che sia un successo. (O forse e solo che mi sto rinc… per l’eta’ e la nostalgia la fa da padrone? Mah …)