Ammetto, ho guardato in tv un po’ di Sanremo. Ma solo dopo avere ripassato “La corazzata Potemkin”, non vorrei ricevere accuse di deviazionismo….ebbene, di Sanremo edizione 2018 mi ha colpito l’assenza o quasi di pubblicità di automobili. O almeno per quello che ho visto (e non visto). Nonostante Baglioni e compagni (di avventura) abbiano sfondato lo share del 50%, raggiunto oltre 10 milioni di telespettatori a sera e guadagnato enorme cassa di risonanza su media e social.

Tim è stato unico sponsor per il secondo anno di seguito. Mai, fino al 2017, una sola azienda si era presa tutto lo spazio disponibile. Motivo per cui, presumo, all’automobile non deve essere piaciuto molto finire negli spot fuori Sanremo, fra una interruzione e l’altra.

Eppure, a Sanremo l’auto è stata forte protagonista per molti anni. Dalla Fiat alla Ford, seguita nel 2008 da Toyota, da Volkswagen per il biennio 2011-2012, per ben tre anni dalla piccola Suzuki fra il 2014 e il 2016. Tutti sponsor principali ma non esclusivi come Tim.

Oggi mi è sembrata una occasione persa per l’auto, trattandosi dell’evento italiano più pop. O forse è un segno dei tempi: l’auto, che dà margini ridotti, conviene venderla altrove e in altro modo, pena non rientrare dell’investimento.

Forse Sanremo non garantisce nemmeno quell’immaginario di cui l’industria delle quattro ruote dimostra di avere oggi bisogno in una fase di transizione e di trasformazione. Come avviene – o sembra avvenire – al Super Bowl americano, altro evento pop, dove i telespettatori vanno però moltiplicati per più di dieci rispetto a Sanremo.

Al Super Bowl 2018, dove uno spot di 30 secondi costa circa 5 milioni di dollari, l’auto è stata ancora una volta dominante. Fiat Chrysler ha addirittura comprato cinque spazi pubblicitari, pur stonando su Martin Luther King. Per non dire di come Kia abbia stupito.

Un canto libero. A Sanremo è stata un’altra musica.

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