I risultati di marzo ottenuti da Fiat Chrysler sul mercato Usa meritano un supplemento di riflessione se non altro perché potrebbero avere un impatto importante anche sulla produzione italiana. L’incremento del 14% delle vendite del gruppo e soprattutto il record assoluto di 98.000 Jeep vendute in un mese con la conquista di una quota del 5,5% del mercato Usa – mai toccata dal marchio yankee – sono dati paragonabili alla punta di un iceberg che nei prossimi mesi riserverà parecchie “sorprese”.
La prima e più importante novità è stata segnalata da parecchi articoli sulla stampa specializzata e in particolare qui: è possibile che quest’anno Chrysler scavalchi Ford e diventi la seconda azienda dell’automotive Usa sul fronte degli utili. Jeep, infatti, sta immettendo sul mercato due prodotti ad alto impatto, come la nuova Wrangler e la rinnovata Cherokee, che vengono venduti quasi senza sconti esattamente come il nuovo pick up Ram 1500 che da questo mese arriverà a pieno regime nei concessionari. Si tratta complessivamente di un milione di pezzi ad alto profitto (e destinati anche all’export) che dovrebbero garantire a Sergio Marchionne un notevole flusso di cassa.
Il manager italo-canadese, del resto, questa volta ha giocato a carte scoperte. Il 29 gennaio, presentando agli analisti finanziari i conti 2017 di Fiat Chrysler, ha pronunciato queste parole riportate da Autonews.com: “I’ve looked at some of the guidance from our competitors in Detroit, and I think there is a very strong likelihood we will outperform Ford in terms of operating earnings in 2018. That’s something if I told any of us in the room here that would have been doable five years ago nobody would have believed us“.
Marchionne raccoglie i frutti di una delle sue piroette manageriali più discusse: la decisione del 2016 di interrompere la produzione di berline, a partire dalla Chrysler 200 e dalla Dodge Dart, per far spazio nelle fabbriche ai più profittevoli Suv. Una strategia molto criticata all’epoca ma che ora pare sia uno dei punti di forza anche dei piani della Ford guidata dal nuovo Ceo James Hackett.
Per la verità non è la prima volta che Marchionne viene copiato dai suoi colleghi. In Europa Carlos Tavares non ha mai fatto mistero d’aver deciso di ridurre il numero dei modelli offerti da Psa prendendo spunto proprio dalla decisione di Machionne di limitare l’offerta di modelli Fiat persino a costo di uscire dal segmento B, che era uno dei punti di forza della casa torinese dai tempi della mitica 600 di Valletta.
Ma cosa ci azzecca tutto questo con l’Italia? Beh, su questo fronte i dati di marzo di FCA sono assai più problematici. A balzare agli occhi non è tanto il forte calo del marchio Fiat in Italia, dovuto soprattutto all’immissione nel mercato di un minor numero di km0 di Panda che comunque non producono profitti, ma il pessimo andamento della Maserati che in Europa e anche in America – nonostante la disponibilità del modello Ghibli 2018 – segna cali intorno al 30%. A Cassino, poi, centro propulsore dell’Alfa Romeo, le linee di Giulia e Stelvio sono rimaste ferme per due settimane a dispetto del nuovo record di vendite mensile americano a quota 2.500.
Il punto è che la rete di fabbriche italiane di Fiat Chrysler ha assoluto bisogno di nuovi modelli. Vedremo il primo giugno, con il lancio del nuovo piano quinquennale (ne abbiamo parlato qui) quale sarà la risposta di Marchionne. Sarà interessante osservare il livello previsto di investimenti e utili. Non solo in rapporto a Ford.
Intanto Ford è ancora forte e sana in Europa, mentre FCA arranca sempre di più.
Anzichè pensare di scavalcare tizio e caio e sbandierarlo ai microfoni – denotando come al solito le sue inopportune manie di grandezza – il maglioncino pensi piuttosto a come raggiungere i target commerciali nel vecchio continente, visto come gli stabilimenti italiani sono devastati dalla CIG – soprattutto quelli “del lusso” di cui lui tanto è orgoglioso…