Esami di maturità, alla seconda prova scritta per l’inglese al liceo linguistico quest’anno è stata proposta una traccia nientedimeno presa da l’Economist. Dubito che molti studenti di liceo sappiano cosa sia l’Economist (io lo considero l’unico settimanale di successo al mondo insieme – nel nostro piccolo – a Internazionale), ma ho dubitato ancora di più di questo incontro ravvicinato con i ragazzi quando ho letto il titolo della traccia: “Who is behind the wheel? Self driving can offer huge benefits – but have a dark side”.

Wow, ho pensato però lì per lì, un testo per la maturità sulla guida autonoma, come sono avanti al ministero! Ma poi a cena ho incrociato la faccia di mio figlio più piccolo che ha a cuore solo il motorino e ho allargato la sua espressione ai tanti diciottenni che non sento parlare mai di auto. Oppure a quelli (rari figli di amici) che, se ne parlano, sognano cavalli, motori e design estremo.

Ma quanto ne sanno i ragazzi di self driving? E quanto può interessare loro un tema non tangibile, che infatti scalda soprattutto i media (anche se, come si dice, al telegiornale non se ne parla) e noi tutti alla ricerca costante di nuove storie da raccontare?

Mi piacerebbe conoscere dal ministero dell’istruzione quanti ragazzi della maturità hanno scelto di svolgere questa traccia per l’inglese. Da una mia indagine piuttosto sommaria fra docenti di licei e di ragazzi a Roma, mi risulta che siano stati in pochi. Ma magari non è vero, chissà.

La domanda, prima di rivedere la faccia di mio figlio stasera a cena e ripensando a quando, un paio di anni fa, ho provato a trasmettere senza fortuna sul tema all’altro più grande e patentato: oggi è più immatura la guida autonoma o la nostra capacità di comunicazione con la quale dovremmo informare i ragazzi della maturità, e non solo?

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