La Fiat Panda è l’auto più venduta in Italia, tant’è che anche a casa mia è auto di famiglia nelle due ultime generazioni (la prima di Giugiaro, la più bella, l’ho solo ammirata). Amo molto la Panda: che tristezza mercoledì scorso, quando in un solo giorno ha ricevuto un doppio schiaffo che potrebbe danneggiare la sua appetibilità sul mercato.

Ecco cosa le è successo in 24 ore, un record. Ai test europei sulla sicurezza di Euro NCAP, la Panda ha preso zero stelle; mentre un emendamento alla norma della manovra sugli incentivi per le auto a minor impatto ambientale la penalizza per il suo livello di emissioni di anidride carbonica, aumentandone il prezzo.

La bocciatura dell’Euro NCAP non è stata data da tutti i media, notizia assente su diversi grandi giornali. Dicono effetto di qualche telefonata partita dall’ufficio stampa Fiat. Ma è sicuramente una malignità: perché la Stampa, quotidiano 100% di proprietà Fiat, l’ha subito data sul sito. Nessuna censura o autocensura, notizia fa notizia.

Che la Fiat Panda venga bocciata ai test di Euro NCAP è doloroso per i suoi aficionados come me, ma inevitabile. L’attuale generazione è nata nel 2011 sullo stesso pianale e con gli stessi motori della precedente e non è stata più aggiornata con sistemi di sicurezza attiva. Mentre i test di Euro NCAP sono cambiati e richiedono proprio questi sistemi per meritare le stelle, da 1 a 5 secondo il massimo grado di protezione per gli occupanti, come per la riduzione dei danni a eventuali pedoni e ciclisti coinvolti in un incidente.

Insomma, non è colpa della Panda se Fiat ha ritenuto di non spendere più un euro sull’auto più amata (a ragione) dagli italiani. Una goccia nel mare degli investimenti non fatti (o ritardati) in questi anni dal gruppo su nuove tecnologie per il prodotto, fin su all’elettrificazione e ai sistemi di guida autonoma passando per l’intelligenza artificiale. Tutto si paga, prima o poi.

Un discorso equivalente si può fare sull’altro schiaffo ricevuto. L’emendamento del Movimento 5 Stelle – pare non comunicato alla Lega e sul quale c’è stata rivolta da parte un po’ di tutti – penalizza la Panda (e non solo) in quanto introduce una tassa di 300 se ci fermiamo alla versione più venduta, la 1200 a benzina da 69 cavalli euro 6, con dichiarati 125 grammi per chilometro di anidride carbonica.

La norma che incentiva l’acquisto di auto elettriche e ibride e punisce chi inquina di più in modo crescente verrà probabilmente rimodulata per non penalizzare troppo mercato e consumatori da un giorno all’altro, ma è basata su un principio giusto e fatto già proprio come linea guida dalla Commissione europea: “Polluter pays”, chi inquina paga.

Una direzione corretta per provare ad avere un futuro migliore in tempi già drammatici per il cambiamento climatico, per altro nello stesso spirito dell’aumento del prezzo del carburante in Francia, pegno per accelerare la transizione energetica. Contro il quale i Gilet gialli hanno scatenato un attacco da nuova Vandea, anche se Macron non è giacobino ma banchiere, per poi allargare il j’accuse politico all’intera classe dirigente del paese.

Torniamo alle nostre arretratezze. La Fiat Panda 1200 a benzina da 69 cavalli dichiara oggi 125 grammi per chilometro di CO2: erano 113 nell’omologazione euro 5 in vigore dall’1 gennaio 2011 con lo stesso motore, erano 133 nell’omologazione euro 4 in vigore dall’1 gennaio 2006 sempre con lo stesso motore da 60 cavalli.

Quante volte ho pensato vedendo in giro tante Toyota Yaris: se la Panda fosse ibrida, non ci sarebbe partita per nessuno. E invece, nel piano industriale di Fiat Chrysler una nuova Fiat Panda è prevista soltanto per il 2020. Mild hybrid compresa, certo meno di una full hybrid. Ma l’aspetto, con rabbia dentro.

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