Probabilmente grazie all’alleanza globale da poco annunciata con Volkswagen, Ford riuscirà a rimanere in Europa ancora per un po’, come su Carblogger.it dice Rameau,  ma forse non per molto, come dice Paternò. Difficile prevederlo, molto dipende dalla Brexit, sulla quale non si riesce ancora ad avere chiara visibilità. Ho però grosse perplessità sull’ipotesi di un’alleanza che possa dar vita a un nuovo macro agglomerato: c’è troppa politica di cui non si tiene conto, se si sposa questa ipotesi.

Per quanto riguarda l’accordo globale, sembrerebbe che questa nuova collaborazione sia più utile a Volkswagen che alla casa di Dearborn. Ford, sicuramente più indietro nello sviluppo dell’elettrico e della guida autonoma, in questo modo evita grossi investimenti e ulteriori aumenti di costo. Ma non si sa quanto ciò sarà utile per raddrizzare i conti della casa che, dopo tre piani di ristrutturazione, continua ad avere 77 miliardi di dollari di indebitamento: due volte e mezzo rispetto alla sua attuale capitalizzazione di 32 miliardi.

Volkswagen rafforza un catalogo prodotti debole nei veicoli commerciali e nei pick-up di medie dimensioni. Un modo per rimettere piede negli Stati Uniti in modo completo, oltre all’annuncio di un investimento di 700 milioni di euro nella fabbrica di Chattanooga, dove produrrà la nuova generazione di auto elettriche basate sulla piattaforma MEB, destinate all’America Settentrionale. Con Trump che si congratula via twitter col Tennessee per il risultato raggiunto: ma non è lo stesso presidente che sta togliendo il tax credit per gli EV?

E’ tuttavia difficile pensare che questa alleanza possa andare oltre la creazione di sinergie di costi e condivisione di investimenti. Non ci sono le condizioni perché si possa ricreare un’intesa come quella tra Renault e Nissan, con intrecci azionari e scambi di quote o addirittura una fusione tra i due brand. Tanto più che si tratta di due aziende con una corporate governance davvero particolare.

Ford è ancora in mano alla famiglia. Volkswagen invece è in mano al governo della Sassonia che ha il 20%. La casa di Wolfsburg è forse l’unica azienda tedesca che, per prendere decisioni “rilevanti”, deve raggiungere l’80% dei voti e non il 75%, come le altre. Questo rende il governo della Sassonia l’ago della bilancia di tante decisioni delicate, come ad esempio scambi azionari o operazioni simili. E finché Volkswagen manterrà questa peculiarità, che si porta dietro in modo ormai anacronistico da quando l’azienda era piccola e il governo voleva tutelare i posti di lavoro tedeschi e le fabbriche locali, difficile pensare ad altro. E meno che mai che Trump si metta in casa un “nemico tedesco”.

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