Il mondo Nissan è sottosopra, upside down scriverebbe Shakespeare. Fatto fuori Ghosn giocando sulle sue debolezze e così raggiunto il vero obiettivo di bloccare la fusione con Renault, restano un sacco di guai. Una vita spericolata.

Alla Nissan, i conti non tornano. I top manager più legati a Ghosn – eliminato seguendo non il mito di Saturno ma piuttosto quello di Edipo – vengono messi alla porta. La tensione interna deve essere proprio alle stelle se Nissan sfida il Nikkei, il quotidiano economico più grande del mondo nonché proprietario del Financial Times, smentendo un articolo secondo cui sarebbe in programma un taglio di produzione globale del 15%.

Nissan ha usato inusualmente parole di fuoco: i dettagli dell’articolo basato su informazioni riservate dei fornitori del costruttore, notoriamente bene informati in ogni parte del mondo. sono “completely incorrect”. Immagino cosa stiano meditando al Nikkei.

E’ corretto però dire che Nissan navighi in acque agitate e con un timoniere dimezzato dall’affaire Ghosn: basta dare una occhiata ai risultati del terzo trimestre e dei nove mesi dell’anno fiscale terminato il 31 marzo scorso e alla revisione al ribasso del profitto operativo per l’anno, mai così giù dal 2013. In Europa, poi, nel primo trimestre le vendite sono scese del 27%,  la Brexit è un problema e chissà che la Champions di cui il marchio è sponsor forse non porti bene come alla Juventus (battuta da interista). Al vertice è stato intanto nominato un nuovo capo (l’italiano Gianluca de Ficchy) di formazione finanziaria. Come dire, più occhio ai profitti che ai volumi.

Direi che ci sono tanti buoni motivi per aspettare le comunicazioni del gigante agli investitori il prossimo 14 maggio, prima di prendere per oro colato la secca smentita al Nikkei.

Questione chiave per Nissan è poi il nuovo equilibrio di potere che riuscirà a trovare nell’Alleanza con la capofila Renault. Gli analisti danno già i numeri seguendo più ipotesi di lavoro, dunque non ci saranno né divorzio né fusione. Ma non sarà una passeggiata.

Dietro, come al solito, c’è anche una storia di uomini. Molto dipenderà – più che dalle capacità di mediazione di Jean Dominique Senard, neo presidente di Renault, manager di lungo corso e figlio di un diplomatico – dai margini di manovra che gli permetteranno sia i governi francese e giapponese che i mercati, fra tensioni commerciali e rialzo dei tassi di interesse. A obiettivo raggiunto – in tempi non lunghi, le borse non tollerano troppe incertezze di governance – non mi stupirei se, in nome della nuova Alleanza, Renault cambiasse pure l’amministratore delegato Thierry Bolloré, successore di Ghosn quanto figura di transizione (my own).

Non mi stupirei nemmeno se Daniele Schillaci, oggi capo di vendite e marketing mondo di Nissan che ancora Nikkei dà in uscita prossimamente senza essere smentito, seguisse alla Hyundai il suo collega Jose Munoz,  altro top manager Nissan sacrificato sull’altare dell’affaire Ghosn.

Schillaci è il manager italiano più alto in grado nell’industria internazionale dell’auto e di lungo corso – Renault, Fiat e molto Toyota proprio con Munoz – inaspettatamente assente all’ultimo Salone di Ginevra, il più importante d’Europa. Un segno nel gioco che ci si nota (e ci si domanda) di più se non ci sei.

Schillaci è stato portato nel 2015 a Yokohama da Ghosn con biglietto di sola andata. Al Salone di Tokyo del 2017 fu spedito davanti alla stampa internazionale a scusarsi alla giapponese con un inchino a nome di Nissan per uno scandalo che aveva bloccato la produzione per due settimane. Intascò un grande credito di riconoscenza nel Paese dei samurai, oggi scaduto come il latte secondo Nikkei. Nissan è upside down nel dopo Ghosn, avanti il prossimo.

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