Le sardine, questo movimento anti sovranista che riempie le piazze italiane, mi fa tornare in mente le sardomobili. La maggior parte delle sardine non erano nate nel 1972 quando l’agenzia pubblicitaria Leader ideò per Piaggio una campagna geniale: le sardomobili erano le auto, scatole di latta entro le quali si poteva stare soltanto pigiati come sardine. L’antitesi di spazio e movimento delle due ruote, in quegli anni il nuovo Ciao Piaggio o la indiscutibile Vespa.

La campagna sulle sardomobili – ispirata alle sardine – assunse rapidamente un tono ambientalista: innegabile che le sardomobili fossero protagoniste anche di traffico e inquinamento. Eppoi l’idea dei creativi anticipò (a loro insaputa) di un anno la guerra del Kippur e la grande crisi petrolifera che in Italia portò l’anticipo dei programmi serali in tv, la fine di Carosello e le domeniche a piedi, il tutto in chiave di risparmio energetico.

Le sardine dei nostri giorni parlano poco e nulla di ambiente. Anti-salviniani, per valori di tolleranza e contro l’aggressività a partire da quella del linguaggio, le sardine sembrano ignorare un leit motiv dei nostri tempi: l”emergenza ambientale. Nessuna apparente connessione con i coetanei dei Fridays for Future guidati da Greta Thunberg, né passi tangibili dentro uno spazio della politica oggi enorme quanto vuoto.

Peccato, anche restando sui temi di questo blog. Per dirne una, mi sussurrava l’altro giorno il pr di un costruttore leader: “Auto elettrica? Lascia perdere i numeri: ogni volta che se ne parla c’è una fibrillazione che nemmeno ti immagini”.

Peccato, perché riempire le piazze di sardine invece che di sardomobili è già buona pratica. “Le sardomobili si rubano l’aria”, era uno dei claim. “Sappiamo che da queste piazze nasce una nuova energia”, dice Mattia Santori, il protagonista più visibile di questo movimento.

Sembra energia pulita. Che è poi ciò che serve anche a una nuova mobilità.

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