Quando gli operai americani vollero esprimere la rabbia che li opprimeva di fronte all’invasione delle auto giapponesi del mercato statunitense nei primi anni ’80, presero a colpi di maglio nei piazzali delle fabbriche di Detroit una Honda Accord. E nel 1993 quando la Ford volle mostrare al mondo la volontà di riscatto nella stessa guerra commerciale, fece sfilare una parata di Taurus di fronte all’ingresso del Cobo Center.
Le due auto sono considerate nella nomenclatura locale “midsize sedan”, familiari di media taglia. Una tale classificazione si è persa in Europa, scomparsa sotto la scure di una parcellizzazione estrema dei segmenti. Ma in America dove le auto si vendono ancora come le pizze e le magliette: small, medium o large, le midsize sedan sono ancora una presenza centrale nel mercato dell’automobile. Sono il terreno di battaglia sul quale si misurano differenze millimetriche di qualità delle vetture e del gradimento dei consumatori, di allestimenti e di prezzi. In una parola, il dominio nel segmento è la certificazione del grado di competitività di un marchio.
E’ proprio a causa di questa centralità d’altra parte che si deve la scarsa emozione che si prova a guardare una vettura familiare. Gli esercizi di disegno e le sperimentazioni sui volumi vengono fatte nei segmenti di nuova creazione come i crossover, o piuttosto tra le ‘piccole’ (Mini, 500, Nissan Versa) che da qualche anno si sono affacciate nelle concessionarie americane. Quando si passa invece a guardare la sempiterna Accord, o la Toyota Camry, la Nissan Altima, e poi la Chevrolet Malibu, etc., si entra in un orizzonte visivo un po’ monotono, dominato dalla stabilità del design e dalla lenta evoluzione dei modelli.
A partire da questo concetto, è interessante vedere come di fronte a tanta immutabilità, il panorama commerciale delle midsize sedan negli ultimi anni abbia subito enormi smottamenti nei numeri, che descrivono al meglio le forze che stanno muovendo il mercato. Si scopre così che quello che fino a ieri era considerate un gioco a tre (Accord e Camry, più Taurus e ultimamente la Fusion), si sta allargando per riflettere il successo delle coreane, la Hyundai con la Sonata, e la Kia con la Optima. La GM, che per decenni è rimasta fuori dalla competizione, sta tornando ora a scalare la classifica con la Malibù, e persino la Volkswagen Passat è oggi più visibile di quanto lo sia mai stata in passato (scusate il gioco di parole). Le vecchie gerarchie sono tramontate o sono in fase di riposizionamento, e il campo di battaglia è sempre più affollato, a riflesso di una scacchiera completamente ridisegnata negli ultimi anni.
L’altra scoperta è che la Chrysler, cronicamente assente dal vertice del segmento nell’ultimo lustro, continua ad esserlo ancora oggi, anche dopo l’ultimo, felice cambio della guardia che l’ha portata in casa Fiat. La 200, lanciata con il famoso spot protagonisti Eminem e Super Bowl, ha avuto una flessione di vendite del 6% nell’ultimo trimestre, in controtendenza rispetto all’andamento generale del marchio. E’ urgente che Marchionne e i suoi trovino una nuova linea di prodotto per concorrere nel segmento, e nel mercato da 90 miliardi di dollari che c’è dietro le midsize.