Il mercato auto inglese ha qualcosa di incredibile: con aprile sono stati 26 i mesi di crescita consecutiva. Più di due anni. Nei primi 4 mesi dell’anno siamo già a 865mila immatricolazioni, +12,5% rispetto al 2013. La SMMT, locale associazione dei costruttori, ha rivisto ancora una volta al rialzo le previsioni per l’anno in corso: dai 2,3 milioni previsti a oltre 2,4 milioni. Un milione in più del mercato italiano, dove nei primi 4 mesi si sono immatricolate meno di mezzo milione di auto.
Numeri che richiamano altri numeri. Quelli dell’economia del settore auto, che vale il 3% del Pil inglese e impiega oltre 700mila persone, tra stabilimenti produttivi, rete e assistenza. Nel Regno Unito si producono 1,6 milioni di veicoli, autovetture e commerciali, e 2,6 milioni di motori l’anno, il 77% dei quali sono esportati. Il valore medio di tali veicoli è pari a 21mila sterline (grazie soprattutto a Jaguar e Land Rover), decisamente superiore rispetto alle 13mila sterline di quelli importati, con un bilancio netto positivo di oltre 70 milioni. Gli investimenti previsti per il settore nei prossimi 3 anni ammontano a 6 miliardi di sterline. Presentando il Budget 2014 in Parlamento, il Cancelliere George Osborne ha dichiarato che il Pil aumenterà del 2,7% quest’anno, contro la previsione del +1,8% della Finanziaria dello scorso anno. Buone notizie anche sul fronte del deficit, che era all’11% nel 2010 ed è ora al 6,6% e continuerà a calare al 5,5% il prossimo anno fino ad azzerarsi entro il 2019. I dati sull’occupazione sostengono le promesse di Osborne: il numero di persone senza lavoro nel primo trimestre è sceso di 63mila unità a 2,33 milioni, portando il tasso di disoccupazione al 7,2%, e si prevede che scenda al 5,9% nel 2017.
Eppure, il mercato dell’auto continua a “correre” ancor più velocemente rispetto a quanto i dati macroeconomici e la fiducia dei consumatori giustifichino. Al di là della invidiabile capacità inglese da parte di tutti gli attori a fare sistema a favore della crescita della domanda, ci sono un paio di ragioni strettamente “tattiche”: tutti i costruttori indistintamente stanno spingendo forte in Gran Bretagna per compensare la debolezza di altri mercati europei, compresa la Russia. In particolare, le case tedesche (sia le tre premium che VW) hanno obiettivi ambiziosi di quota di mercato, ai quali sono legati gli incentivi. Inoltre sta tirando anche il mercato dell’usato, il che incoraggia i concessionari a fare km.0 pur di raggiungere gli obiettivi, fiduciosi di poter rivendere le macchine con un margine di profitto. La struttura della rete è assai più concentrata rispetto a quella italiana (e molto meno dipendente dai margini sulla vendita del nuovo), con un numero considerevole di PLC quotate e gruppi regionali molto forti finanziariamente ed aggressivi sul mercato.
I tassi di interesse poi sono bassi, e l’accesso a proposte finanziarie è agevole sia sul nuovo che sull’usato. Alcune Case offrono il tasso zero sui segmenti di volume, altre negli ultimi 5 anni hanno investito nel change cycle management, con la maggioranza dei clienti privati (432mila nei primi 4 mesi, +15%) che ha stipulato un contratto PCP (Personal Contract Purchase) a 2-3 anni, al termine dei quali è costretta a scegliere cosa fare dell’auto. Se ben gestiti durante il ciclo, molti di loro optano per il rinnovo a rata mensile costante, con buona pace dell’invito a restituire l’auto pubblicizzato da tutte le Case in Italia. La criticità del mercato inglese, com’era un tempo per il mercato italiano, premia i manager che vi operano con successo, come Linda Jackson, l’attuale Managing Director di Citroën UK, che dal prossimo 1 Giugno rimpiazzerà Frederic Banzet alla testa del Marchio. Pare che, tra le altre cose, uno dei meriti della Jackson sia stato quello di aver terminato accordi non profittevoli con le flotte ed essersi concentrata sulle vendite ai privati tramite PCP, con l’85% dei clienti DS che hanno scelto questa formula.
In conclusione, è difficile che la crescita del mercato possa continuare a questi ritmi nei prossimi due anni, per le stesse ragioni di cui sopra. I tassi di interesse sono destinati a salire l’anno prossimo dopo le elezioni, rallentando la propensione al consumo di coloro – la maggior parte – che hanno un mutuo a tasso variabile, mentre la domanda per vetture usate rallenterà (con un calo dei valori residui) rendendo i concessionari molto più cauti sui livelli degli stock: ci sono segnali un po’ ovunque che ciò stia già accadendo, e che questo atteggiamento si andrà accentuando nella seconda metà dell’anno.
[…] dispiace ma c’è da dire che il suo segmento è praticamente scomparso). Se non ci fosse il mercato inglese a tirare forte, sarebbero […]