C’era una volta l’americana Chrysler. Che nel 2009 fu salvata dalla piccola Fiat perché questo costruttore europeo era specializzato nella produzione di motori a basso consumo e utilitarie essenziali e a buon mercato. Prodotti giusti per l’America della Nuova Grande Recessione.

Era una favola. Durata sei anni e oggi cancellata di botto dal suo stesso autore: Sergio Marchionne. Che nei giorni scorsi ha annunciato agli analisti finanziari, per la maggior parte attoniti, non un nuovo piano ma una vera e propria nuova strategia produttiva per l’America.

Tenetevi forte: Chrysler, pardon FCA, affidata sei anni fa a Marchionne per trasformarsi in un produttore di auto, diventerà entro 18 mesi il primo costruttore Usa a non produrre più “cars” o “mini-cars” ma solo Suv, Trucks (pick up) e Light-Trucks (crossover e monovolume). Si tratta di un cambio di direzione a 180 gradi come pochi nella storia dell’auto. E di un annuncio così forte e per molti versi inaspettato che persino Larry Vellequette, il brillante cronista di AutomotiveNews che segue passo passo FCA, ha messo nero su bianco in questo pezzo gli enormi rischi di un cambio di passo di questa portata.

Marchionne ha dispiegato la sua strategia su tre assi intersecati fra loro. Primo: il petrolio volerà basso per i prossimi anni. Secondo: oggi il mercato chiede più Jeep e Ram di quante le fabbriche FCA ne possano produrre, al tempo stesso non sarà sempre così e quindi la domanda va soddisfatta senza aumentare la capacità produttiva. Terzo: per ridurre il debito e contemporaneamente acquistare nuove tecnologie per modelli in grado di viaggiare da soli le (limitate, ndr) risorse di cui FCA dispone vanno concentrate su auto che assicurino buoni margini.

E così la stessa ditta che in questi anni ha importato in America la Fiat 500 (avviando una apposita linea di montaggio in Messico), costruito a Dundee (Michigan) una fabbrica per i piccoli turbo da 1.4 cc di cilindrata, progettato la Dodge Dart a basso consumo e investito addirittura un miliardo per la “nuova berlina anti-jap a stelle e strisce”, la Chrysler 200, ha toccato con mano che tutto questo bel progetto non regge. Produce zero o pochi utili o comunque limita l’espansione nei segmenti più ricchi del business.

Stando così le cose, Marchionne non intende perdere altro tempo. Infatti ha già bloccato i costosi sconti sulle vendite di Dodge Dart e Chrysler 200 le cui consegne a gennaio sono drammaticamente cadute rispettivamente del 42 e addirittura del 63%. Le prossime generazioni di queste due vetture – se vedranno la luce – forse saranno assemblate in Messico e/o in stabilimenti di altri costruttori con i quali Marchionne ha detto di essere già in trattativa.

Il cambio di strategia del resto non è nato negli ultimi giorni. Qualcosa era emerso alla fine dell’estate 2015 durante la trattativa per il rinnovo del contratto UAW, perché Marchionne aveva detto che i maggiori costi sarebbero stati coperti aumentando la produzione di Suv negli States.

Già, ma come? Tramite una immane ristrutturazione della rete produttiva americana di FCA. Gli ingegneri impiantistici sono già al lavoro. E così Sterling Heights, fabbrica nuova di zecca che oggi produce la 200 (ma i cui 650 robot sono progettati per adattarsi a 4 modelli diversi), sfornerà la nuova generazione di pick up Ram che il “piccolo” stabilimento di Warren non riesce a fabbricare in numero sufficiente.

A Warren arriverà invece la lussuosa Jeep Grand Wagoneer destinata a far concorrenza alla Range Rover. Belvidere, da dove sarà sfrattata la Dart, fabbricherà circa 300.000 pezzi della Cherokee ristilizzata. Che nel 2017 lascerà la fabbrica di Toledo la quale, essendo tagliata in due da una linea ferroviaria, nonostante un numero esorbitante di ore di straordinario e l’abolizione di fatto delle ferie, non riesce a produrre né Cherokee né Wrangler in quantità sufficienti.

In breve: nei prossimi anni Jeep e Ram dovrebbero viaggiare a tutta birra. Ma, poiché è bene prepararsi al peggio, dentro gli attuali capannoni e quindi con poche nuove assunzioni in America. Marchionne, si sa, non ha limiti in fatto di ambizione ma ancora una volta si dimostra assai prudente. Non foss’altro perché la doppia resurrezione di Fiat e Chrysler tutto è stata tranne che una favola.

Commenti
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    Onestamente mi pare una strategia basata su osservazioni a breve termine. Secondo me l’intenzione è solo rendersi finanziariamente appetibile per un sempre più sospirato futuro partner. Poi magari mi sbaglio, non sarebbe la prima, né sarà l’ultima volta…

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    Che Marchionne si aspetti un terremoto per il settore auto non è una notizia. E infatti l’ “addio” alle “cars” equivale al riempimento di altri sacchetti di sabbia e alla chiusura di altre “finestre” (leggi uscite sotto forma di investimenti e modelli non redditizi”) del suo castello. Tuttavia non mi pare che la sua sia una strategia solo difensiva (vedi sbarco Jeep in Europa, Sud America, India e Cina). Direi che è consapevole delle difficoltà che dovrà affrontare e della loro portata epocale ma non conosce il suo destino. Vuole arrivarci nelle migliori condizioni possibili.

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    Volevo postare i commenti degli automobilisti americani che frequentano siti specializzati, per dare un’idea su cosa loro pensino di questa “strategia” (il virgolettato è d’obbligo a questo punto)
    Ma trovarne uno privo di parolacce e insulti verso Marchionne è dura, quindi ho lasciato perdere.

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