Dopo Renault, nel 2015 anche Psa guidata da Carlos Tavares ha raggiunto il 5% di margine operativo, pari a 2,7 miliardi di euro su un fatturato di gruppo di 54,7 miliardi (+6%). Obiettivo centrato con anni di anticipo rispetto agli obiettivi (molto conservativi) del piano ‘Back in the Race’. Pure escludendo il contributo di Faurecia, uno dei maggiori produttori mondiali di componentistica (18,8 miliardi di fatturato e 830 milioni di reddito operativo), il margine operativo automotive non cambia.
Quasi un miracolo, tenendo conto che si è giunti a questo risultato senza alcun contributo dal mercato nordamericano (dove PSA non è presente), con il rallentamento di quello cinese in cui Psa ha investito negli ultimi anni risorse ingenti e, soprattutto, a volumi pressoché costanti, meno di tre milioni di veicoli.
Dei tre marchi, il solo a crescere è Peugeot (+4.6%), mentre Citroen perde il 2% e DS quasi il 14%. Così come per Renault, l’unica regione dove le vendite aumentano significativamente è l’Europa (+5.8%), che torna a pesare sul totale per oltre il 60%.
Tavares dice che la sua priorità sono i margini, non i volumi.
E di conseguenza ha concentrato gli sforzi sui fattori sotto il suo controllo, a partire dalla riduzione dei costi di produzione ed efficienze negli acquisti (740 milioni) che valgono il 40% dell’aumento del profitto operativo automotive, pari a 1,8 miliardi. Il resto viene da fattori esterni favorevoli (industry e tassi di cambio, +624 milioni), e da miglioramenti della performance sul mercato (prezzi, mix, minori spese di vendita, +391 milioni).
Grazie al drastico taglio di costi fissi (tra le altre cose, Psa ha chiuso una fabbrica e licenziato migliaia di persone), Tavares, nel giro di due anni, ha abbassato il punto di pareggio da 2,6 milioni a 1,6 milioni di unità (escluse le joint ventures cinesi), riuscendo laddove i suoi predecessori, nessuno dei quali era un “car guy”, avevano fallito. E continuando ad investire in tecnologia e novità di prodotto: 5 ‘major launches’ sono previsti in Europa quest’anno (6 in Cina e Asia), 13 tra il 2017 ed il 2019 (12 in Cina e Asia).
Tout va bien – viene da dire – anche se c’è chi sostiene che Tavares potrebbe pentirsi di aver raggiunto tali obiettivi troppo presto: gli investitori preferiscono progressi magari più lenti ma costanti, e a questo punto hanno rivisto al rialzo le loro aspettative.
Tanto più che l’orizzonte non è affatto privo di nubi, in Europa, in Cina, in Sudamerica. E che le vendite diesel (uno dei punti di forza di Psa) inevitabilmente caleranno, che i costi fissi difficilmente potranno continuare a scendere allo stesso ritmo e che il ‘pricing power’ dei marchi – uno degli argomenti preferiti da Tavares – potrebbe aver raggiunto il limite, sempre che non vi sia una ‘market acceptance’ straordinaria per i nuovi prodotti.
[…] Fin qui Intermonte su Fca e Psa. A me non stupirebbe se ci fosse questo matrimonio per una serie di motivi, ma prima vi dico la risposta che mi ha dato Tavares quando gli ho chiesto se avesse un profilo ideale per un eventuale matrimonio: “Nel nostro pragmatismo, se c’è la possibilità di comprimere i costi, siamo pronti. Abbiamo uno spirito aperto”. Non è un profilo, ma la sua ossessione per il taglio dei costi, che è poi il modo con cui ha rimesso a posto il gruppo in anticipo sul suo stesso piano Back in the Race. […]