Elon Musk e la sua Tesla, li troviamo ovunque e non sempre digeribili. Un po’ come il formaggio per chi è intollerante o il glutine per chi è allergico. La verità è che Musk e Tesla funzionano perché non sono più un’invenzione, sono il formaggio e il glutine. E piacciono a tutti, anche se a qualcuno fanno male.
Però non capisco fare la corte al formaggio. Come da almeno un anno sta facendo Herbert Diess, il ceo del gruppo Volkswagen, che non perde occasione per flirtare con Musk e sottolineare che è proprio bravo, nonostante parli dall’alto di oltre 10 milioni di veicoli commercializzati nel mondo ogni anno contro circa le 350mila Tesla vendute nello stesso periodo. E che dire di Akio Toyoda, il ceo del gruppo Toyota, che per sottolineare la sua leadership non trova altro di meglio che sottolineare quanto Toyota sia migliore di Tesla? Uno sano di mente direbbe mai il contrario?
Inseguire è già un verbo negativo di suo nella vita, ma nel business a questi livelli stratosferici – per capitalizzazione, per responsabilità su milioni di lavoratori, per presenza globale – è peccato mortale. Musk e Tesla sono formaggio e glutine necessari per la nuova grande cucina mondiale dell’automotive, ma nulla di più. Anzi sì, una manna per chi fa il mio mestiere essendo lui anche un giocoliere della comunicazione.
Posso capire chi non credeva all’invenzione di questo geniale imprenditore sudafricano perché magari non credeva nemmeno all’elettrico e ha bisogno oggi di fare un po’ di mea culpa per salire a bordo, ma Diess e Toyoda hanno innanzitutto una storia in casa da rispettare. Musk ha detto di essersi imbattuto nell'”inferno” per costruire come si deve le sue Tesla a Fremont. Welcome, dopo un secolo di toyotismo e di alta ingegneria tedesca.
Forse Diess e Toyoda hanno avuto paura di Musk e della sua creatura fatta di nuovi software proprietari. Ma smettessero di inseguirlo in pubblico. O leggessero Montaigne: “Ce dont j’ai le plus peur, c’est la peur”. Ciò di cui ho più paura, è la paura.
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