Nella brillante analisi di Denis Rameau del piano “Renaulution” per il rilancio di Renault qui su Carblogger.it, il commento che più mi ha colpito è quello sulla “sales distribution”; Luca de Meo rimane fondamentalmente un uomo di product marketing e brand, probabilmente il migliore, ma credo sottovaluti l’importanza delle vendite. L’incipit della sua presentazione – “from chasing volume to creating value” – rivela un pregiudizio, tipico dei marketers, secondo il quale volume e valore sono incompatibili.
Avere una buona strategia è importante, ma ai fini dei risultati è la qualità dell’implementazione (mix e pricing in particolare) a fare la differenza.
Oltre ad un product planner e a un paio di designer, al suo posto avrei preso un energico ed intelligente uomo di vendite (forse un manager come Daniele Schillaci, oggi a Brembo), in grado di generare con una forte presa sui mercati le risorse necessarie – circa 3 miliardi di euro nel prossimo triennio – per finanziare il piano di rinnovo dei prodotti.
A questo proposito, non mi convince del tutto l’organizzazione per brand; capisco la necessità di focalizzare, ma il gruppo Renault non ha la massa critica di Volkswagen, né dispone di marchi premium che richiedono una cura particolare. La moltiplicazione di ruoli tra loro analoghi porta inevitabilmente a costi incrementali e il vero rischio, a livello dei singoli mercati, è la mancanza di una chiara “accountability” rispetto agli obiettivi.
A maggior ragione quando la maggior parte dei volumi incrementali nei segmenti C e D (dove teoricamente i margini sono più alti, ma l’incidenza del canale privati minore) deve venire da vendite di conquista. La stessa Volkswagen in ciascun mercato ha vari responsabili per ciascun brand, ma un unico responsabile di gruppo, così come Psa ed Fca prima di Stellantis.
Chi sostiene che i target fissati da de Meo (margine operativo di gruppo ad oltre il 3% nel 2023, ed al 5% nel 2025) siano prudenziali, dimentica da dove sta (ri)partendo Renault: una perdita netta nel primo semestre del 2020 superiore ai 7 miliardi di euro (fortemente penalizzata dal contributo negativo di Nissan per quasi 5 miliardi di euro) e soprattutto un margine operativo del -6.5%, oltre a uno sfruttamento della capacità produttiva inferiore al 70% (che de Meo intende portare sopra al 120% entro il 2025).
Il manager italiano si è quindi impegnato a recuperare 10 punti di margini in tre anni: un compito da far tremare i polsi, che richiede una grande leadership a tutti i livelli ed in tutte le funzioni.
La questione chiave è quella posta senza mezzi termini da Rameau: quale è la vera capacità di Renault e di Dacia/Lada di attrarre clienti in segmenti più profittevoli e chiedere loro di pagare più di quello che pagano oggi?
Aggiungo un’ultima considerazione, basata – lo ammetto – più su una esperienza personale che supportata da fatti oggettivi: la qualità dei prodotti Renault non mi sembra all’altezza dei concorrenti che sono il benchmark di de Meo, il quale tuttavia non fa alcun cenno al miglioramento della qualità nelle 82 slide di presentazione del piano strategico, nemmeno nel diagramma in cui pone l’obiettivo di estrarre più valore dal ciclo di vita del prodotto.
Eppure la qualità ancora oggi, nonostante l’elettrificazione che tende ad appiattire tutto, rappresenta di gran lunga la leva più importante nella determinazione del valore residuo e nella legittimazione di politiche di pricing ambiziose. Più del design, più della tecnologia, più della comunicazione.
Verissima la conclusione, che condivido al 120%: senza un incremento a tutto campo della qualità del prodotto, il pur bravissimo De Meo difficilmente potrà cogliere appieno i propri obiettivi.