Forse un parallelo si può trovare con la dolorosa sorpresa che accompagnò la crisi petrolifera scoppiata dopo la guerra del Kippur nel 1973. O forse con l’ondata di pessimismo cosmico (“Arrivano 20 anni di povertà”) determinata dal Grande Crollo delle banche e dei colossi di Detroit del 2009. Ma si fa davvero fatica a ricordare un combinato disposto di rovesci e difficoltà così spinoso come quello che incombe sull’industria dell’auto.

La domanda è: come è possibile che pandemia, guerra, blocchi nelle supply chains globali, inflazione, caro energia, transizione dai motori endotermici a quelli elettrici, carenza di materie prime, carestia di microchips, sanzioni e persino chiusure di enormi mercati, non abbiano ancora ucciso la filiera automobilistica? La risposta è paradossale: perché le meteoriti sono arrivate tutte assieme e tutte da direzioni diverse.

E’ caos calmo per l’auto, dunque?

E’ la tesi del numero uno di Stellantis, Carlos Tavares, esposta nel rinato Salone di Detroit. “La cosa buona del caos – ha detto Tavares – è che quando un altro po’ di caos si aggiunge a quello precedente non vedi la differenza”. Tesi rassicurante ma vera fino a un certo punto. Non a caso nei giorni scorsi è scoppiato un mini-sciopero in uno stabilimento minore del gruppo che Sergio Marchionne aprì qualche anno fa in Indiana, a Kokomo. Ai piani alti di Stellantis-Detroit è scattato subito l’allarme e nel giro di mezza giornata è stato siglato un accordo che ha fatto tornare i lavoratori in linea col sorriso stampato sul viso.

Del resto, per Tavares non vale la pena aumentare i dossier aperti dopo aver annunciato 8 miliardi di utili netti nel primo semestre. E’ in buona compagnia perché la produzione di tutti i costruttori resta inferiore alla domanda a causa della mancanza di componenti (cavi dall’Ucraina, chip dalla Cina). E così, con la concorrenza ridotta al lumicino, i prezzi restano alti e i profitti possono moltiplicarsi all’ombra del caos.

Che non durerà per sempre. I Chips Act, ovvero gli incentivi miliardari per chi produce microprocessori, sono già operativi sia in Usa che in Europa e il 2023 dovrebbe portare qualche schiarita nella disponibilità di componenti e forse anche qualche allentamento nel tempo dell’addio ai motori endotermici. E anche le aziende stanno facendo di tutto per ridurre i consumi di energia o per produrne da sé con le rinnovabili. Autonews.com in un editoriale ha scritto che l’industria dell’auto è come una portaerei che ora si trova in un porto dal fondale basso e chiede alla politica una cosa sola: dammi regole per puntare la prua in una direzione chiara? Già, ma fuori dal porto c’è una tempesta.

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