C’è una Lancia da guardare, una da comprare, una da ignorare. Visti i tempi in cui il marchio prova a rinascere commercialmente, mi sono rifugiato al cinema per l’anteprima cui sono stato cortesemente invitato di “Race for Glory: Audi vs Lancia”. Regia di Stefano Mordini, nelle sale italiane dal 14 marzo.

Non è un documentario, né un biopic benché il protagonista sia Cesare Fiorio, 85 anni il prossimo 29 maggio e presente al Barberini al termine della proiezione. Monumento vivente della storia del rally in Italia e nel mondo, uno che a casa ha 18 titoli mondiali per la sua variegata attività sportiva, di cui 10 mondiali costruttori rally e ben 7 dei quali sono Lancia.

“Race for Glory” racconta tra fatti veri ed elementi di fiction la vittoria nel 1983 del mondiale rally da parte di Lancia ai danni di  Audi, con Fiorio in qualità di direttore sportivo in modalità volli fortissimamente volli. Non una vittoria, ma la vittoria se si considera che la Lancia 037 nelle mani di Walter Röhrl è stata l’ultima auto a due ruote motrici a vincere contro una a trazione integrale. In controsterzo le parole messe in bocca a uno dei piloti più vincenti della storia rally: “Sono i perdenti che vogliono sempre vincere”.

Il risultato? “Race for Glory” inchioda in poltrona per quasi due ore, più o meno come le cinture di sicurezza della Lancia 037 inchiodano al sedile Röhrl. Non mancano nemmeno gli scossoni, perché in forma di emozioni arrivano dritte per dritte. Da una solida scrittura innanzitutto, dal rumore di un volumetrico strizzato che in tempi di elettrico nemmeno ricordavo più, dai primi piani della pedaliera traforata con fondo corsa minimo, dalle immagini di gente folle ai lati della strada a rischiare la morte come per fortuna non accade più.

“Race for Glory” è un film da vedere. Anche da chi non è interessato alle auto, ai rally, alla Lancia. E’ un film asciutto, in cui tutti i protagonisti sono spesso perfino respingenti a eccezione dell’unica donna presente, altra bella scelta che distingue questa pellicola. E per di più in una storia di uomini. Un film con una impronta solitaria, un marchio a sé, forse un po’ come la storia di Lancia nel Novecento.

Nelle chiacchiere post film sul palcoscenico, gli appunti che mi ritrovo mi ridanno l’essenzialità di un film, il suo valore. Riccardo Scamarcio, nei panni di Fiorio, parla a un certo punto di “semplicità di un mondo meccanico”. Stefano Mordini, il regista evoca “il linguaggio senza effetti speciali”. Filippo Bologna, lo sceneggiatore, non parla ma dovrebbe essere sua una delle risposte che nel film si hanno alla domanda sulla paura nei rally, dove si guida correndo solo contro il tempo: “E’ la morte ad aver paura di chi la insegue”.

Mentre Cesare Fiorio si limita a raccontare l’altra faccia di quegli anni 80 che non erano solo da bere, sebbene la Lancia allora avesse successo anche nella vendita di auto di serie: “Ricordo che ogni anno andavo a difendere il mio budget nei consigli di amministrazione”.

@fpatfpat

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