Elon Musk se la ride con altri 56 miliardi di dollari quasi in tasca, il compenso che i suoi azionisti di Tesla gli avevano approvato nel 2018 per obiettivi ritenuti allora irragiungibili e invece raggiunti. “Ammetto che a volte sono un po’ ottimista“, ha detto tra le risate davanti al cda che gli ha concesso sia il pagamento che il trasferimento della sede legale di Tesla in Texas dal Delaware dove un tribunale aveva bloccato il maxi-compenso, “sapete, non ho una totale mancanza di autoconsapevolezza!”.
Musk se la ride mentre ci sono ancora due passaggi legali, l’8 luglio ed eventualmente altri 50 giorni per un ricorso, perché intaschi i soldi. A remare contro è rimasta soltanto la giudice Katalheen McCormick, una donna, pianeta con cui Musk non ha o non avrebbe un rapporto corretto, secondo quanto raccontato da ex dipendenti del suo gruppo al Wall Street Journal. Forbes gli ha fatto comunque i conti in tasca e lo stima di nuovo come l’uomo più ricco al mondo, scavalcando Jeff Bezos.
Prendi i soldi e scappa? Musk ha convinto i suoi azionisti a pagare con la minaccia che, in caso contrario, sarebbe stato pronto a lasciare Tesla. Minaccia sottointesa, mentre è stata pubblica quando, alcuni mesi fa, ha chiesto di voler aumentare di nuovo la sua quota, salvo andare a sviluppare altrove il suo progetto di intelligenza artificiale. Ma nelle giravolte è maestro.
E’ questo il punto. Musk ha la capacità di guardare dove non tutti gli occhi riescono a vedere. L’intelligenza artificiale non è un più un orizzonte, ma l’altrove sul quale è indietro rispetto all’ex socio Sam Altman di OpenAI (da qui la furibonda reazione contro Apple, che ha scelto il suo nuovo nemico).
Intelligenza artificiale, robot invisibili e umanoidi come il suo Optimus (progetto per il quale “vede” utili da mille miliardi all’anno), sono diventati i suoi primi obiettivi, più necessari anche per il futuro di Space X e dell’altra sua priorità, lo sbarco su Marte. Del resto, fra cielo e terra già controlla reti e non solo prodotti: Starlink, X, Supercharger. Ed è ancora unico nel saper dire a Wall Street esattamente ciò che il mercato vuole sentirsi dire.
Musk ha fatto soldi e successo con Tesla, ma non ce lo vedo a lungo a occuparsi di macchine, di costi, di produzione (“l’inferno”, intervista al Nyt del 2018, l’ultima che contenesse delle verità), di mercato da aggredire con modelli elettrici sotto i 25mila dollari con margini ridicoli, se ci saranno. Lì a distrarsi, per una competizione su scala mondiale con chi è meglio attrezzato di lui, come lo sono i cinesi oggi.
Musk si muove infatti in Cina in modo molto più spregiudicato di un Tavares o di Volkswagen. A Shanghai ha creato da solo una fabbrica Tesla e non in jv con marchi locali, grazie a una politica di appeasement con il governo di Pechino e nonostante l’azienda sia americana. Adesso ha solo qualche problema con circa la metà della produzione da esportare per i dazi negli Stati Uniti e in Europa, ma ha già annunciato ai clienti fan che da luglio i prezzi potrebbero aumentare. Quisquilie.
Dopo Shanghai, Musk ha chiuso in Cina un accordo passato un po’ sotto silenzio, e non con un costruttore di auto di cui non gliene frega niente: l’intesa è con Baidu per la guida autonoma – robotaxi, business che prevede “farà di Tesla un’azienda da 10mila miliardi di dollari”. Ora, Baidu è l’equivalente di Google: Musk si troverà strada spianata e altro nel Paese di Xi, ma cedendo di fatto al colosso cinese la condivisione dei dati di Tesla.
E’ vero che Musk punta su Trump per le prossime elezioni, ma è clamoroso che ciò avvenga mentre su questo tema (più che sensibile) l’amministrazione Biden stia studiando un limite per l’auto cinese connessa e la sua tecnologia importate negli Usa, con l’Europa che potrebbe seguire.
Grok di Musk, Ernie Bot di Baidu, la rincorsa a ChatGPT, l’intelligenza artificiale è già al volante della nostra epoca. Tesla o non Tesla potrebbe diventare un dettaglio, per lui.