La foto di famiglia allargata Byd e Huawei dice che la ricreazione è finita. Mentre in Europa siamo concentrati su nuovi dazi all’import di auto elettriche cinesi – un modo per prendere un po’ di tempo, una specie di cucchiaino per svuotare la vasca da bagno – Byd e Huawei si sono messe d’accordo per sviluppare insieme il chip della guida autonoma. Mica chissà quando: il sistema si chiama Qiankun e farà la sua prima apparizione entro fine anno sul suv ibrido Bao 8 del sottomarchio Fangchengbao. Naturalmente, prima vedere cammello.
Byd è il primo produttore al mondo di veicoli elettrificati, elettrici e ibridi plug-in, Huawei è un colosso mondiale di reti per telecomunicazione. Da noi marchio molto conosciuto per i suoi smartphone (insieme al sottomarchio Honor), almeno finché l’amministrazione Trump li mise al bando negando loro i sistemi operativi americani da Android a Google per sospetto spionaggio a favore di Pechino.
Huawei, fondata da un ex militare del genio cinese, si è liberata di Honor (altra storia di successo nei telefoni, che non si ferma), ha costruito in casa il suo ecosistema e continua ad andare alla grande. Anzi, si è messa a fare anche automobili elettriche da tre anni insieme al marchio Seres e ora sterza sul vero business del futuro. Che non è l’auto elettrica ma appunto la guida autonoma.
Byd sembra muoversi come Huawei. Per gli affari correnti, ha già scelto di investire su fabbriche esenti dazi europei in Ungheria e in Turchia al di là di quello che decideranno i lentaccioni di Bruxelles. Tira dritto per una fabbrica in Messico fregandosene del risultato elettorale americano di novembre (dazi al 100% sull’import di elettriche cinesi negli Usa è l’unica cosa su cui concordano Democratici e Repubblicani) e sfotte chi sostiene che la fabbrica messicana potrebbe servire ad aggirare la pesante dogana statunitense. Ma no, dicono, costruiremo un sito da 500mila vetture all’anno per il solo Messico. Mercato oggi da circa 1 milione di unità.
A che punto stanno Byd e Huawei sulla guida autonoma, dove conta sempre di più l’intelligenza artificiale, tipo quella di OpenAI cui gli sviluppatori cinesi non possono più accedere dal giugno scorso? Si saprà presto, mentre già sappiamo che negli Usa (sul tema, Europa non pervenuta) Gm ha avuto molti problemi e cerca di rimettersi in carreggiata insieme a Uber, alla Tesla volano stracci e fuggono top manager perché Elon Musk insiste a volere la guida autonoma prima di ogni altra cosa (appuntamento sempre rinviabile il 10 ottobre per una dimostrazione), Waymo (che sperimenta da 15 anni) ha appena chiesto e ottenuto altri 5 miliardi dalla casa madre Alphabet, cioè Google, per restare in corsa. Poi ci sono tutti gli altri, in primis Mercedes e Toyota, di cui si sa meno. Una ragione ci sarà.
E’ da temere l’inedita alleanza Byd e Huawei sul nuovo fronte? In occidente qualche sospetto che l’auto elettrica non sia tutto ce lo abbiamo. I nostri costruttori stanno riducendo produzione e investimenti nella speranza di un mercato Bev più accogliente mentre l’Europa della politica si è svegliata per esempio sui semiconduttori, approvando aiuti per 5 miliardi di euro per una fabbrica a Dresda con dentro i taiwanesi di Tsmc, dopo il sì ai 2 miliardi per la STM franco-italiana a Catania. Fabbriche di microchip, parenti non lontani della guida autonoma.