Bev, acronimo di Battery electric vehicle, è l’argomento del contendere oggi in Europa, automobilisticamente parlando. Solo Bev dal 2035, secondo la Commissione europea pressata adesso da molti a rinviare questa data, Bev uguale costruttori cinesi benché non sia proprio così, Bev invendute sui mercati anche se nemmeno le termiche se la passano tanto bene. Passo da Bev a bah e vado all’edicola (uno delle poche sopravvissute) a comprare Il Foglio, è week end bellezza. Quotidiano con posizioni che mi fanno spesso incazzare, ma allegramente provocatorio. Soprattutto, scritto dall’inizio alla fine come dovrebbe essere scritto un giornale.
Bev? Meno male che sono a casa, perché casco dalla sedia. Sulla prima pagina l’occhio mi va sul seguente titolo: “Un rinvio da evitare/ Posticipare il divieto di vendita della auto a motore termico ha anche svantaggi per l’Europa”. L’autore deve essere un giacobino verde o un cinese camuffato col solito nome occidentale, e invece è Lorenzo Bini Smaghi. Ex membro del board della Banca centrale europea per l’Italia, autentica noblesse e niente impegni post nel settore automotive (si è occupato solo di gas, vabbè). Mi metto in carica.
Bev? Bini Smaghi comincia ricordando il “motivo principale” della richiesta a più voci di rinvio del 2035: “Il costo di aggiustamento che le aziende europee dovranno sopportare nei prossimi nove anni è troppo elevato e rischia di compromettere la loro competitività e sopravvivenza nel lungo periodo. L’argomento pare ragionevole”. Bah, e allora? “Non si considera tuttavia la possibilità – prosegue – che il rinvio della scadenza comporti anche degli svantaggi, che possono essere più elevati dei benefici. Non tenerne conto può far commettere errori che possono costare cari, non solo al settore automobilistico ma anche ai contribuenti”. Accidenti, si mette bene, o male, dipende sempre dai punti di vista.
Bev? “Almeno tre aspetti devono essere presi in considerazione”, sostanzia Bini Smaghi mentre acchiappo un paio di biscotti. “Il primo, innegabile, è che, a oggi, le case automobilistiche europee hanno accumulato un ritardo tecnologico rilevante rispetto ai concorrenti cinesi, nel settore elettrico, e a quelli giapponesi nell’ibrido”. L’ex banchiere centrale, da uomo di mondo, sorvola sui motivi (“non è utile dilungarsi”), ma li sappiamo. Poi il plug-in: “La questione essenziale (…) è quella di capire se un eventuale rinvio (…) consentirebbe di recuperare il divario, oppure se rischia di accentuarlo”. Tesla e cinesi oggi in posizione dominante mica starebbero a guardare, sottolinea.
Bev? “Il secondo aspetto” di Bini Smaghi tocca le risorse finanziarie (di cui qualcosina sa, e io devo ricomprare i biscotti), necessarie nel periodo più lungo in caso di rinvio, sia alla produzione in contemporanea di nuove auto termiche, sia allo sviluppo delle elettriche. “L’esperienza delle aziende leader, come Tesla, che non hanno mai prodotto auto termiche, suggerisce che produrre in parallelo auto con due tecnologie diverse è molto più costoso. Il problema dell’ammortamento dei vecchi impianti non si risolve necessariamente allungando artificialmente i tempi del loro sfruttamento”. Insomma, cara Volkswagen, cara Stellantis, cara Renault, non è che minacciando la chiusura di fabbriche che avete risolto il problema.
Bev? Nel “terzo aspetto”, il mercato in calo “sia in termini relativi che assoluti”, Bini Smaghi ricorda quel che qualsiasi amministratore delegato dell’industria dell’auto sa, ma in genere trascura di dire. “La sopravvivenza della produzione europea dipende pertanto dall’export verso i mercati esteri, principalmente quelli dei paesi emergenti, e dalla rapidità di transizione di tali mercati verso le nuove tecnologie. Allungare i tempi di vendita delle auto tradizionali è vantaggioso, solo se la domanda per questo prodotto continuerà a crescere. (….) C’è da chiedersi chi vorrà continuare a comprare le auto tradizionali prodotte dalle case automobilistiche europee nella fase finale del periodo, anche se viene esteso di qualche anno. Il calo dei valori residuali degli invenduti rischia di accentuarsi ulteriormente e pesare sui conti finanziari delle case automobilistiche. Peraltro, un eventuale rinvio può produrre un effetto depressivo sulla domanda di auto in Europa stessa, se ciò genera l’aspettativa di possibili ulteriori rinvii, il che a sua volta disincentiva gli investimenti in questo settore”
Bev? Il banchiere toscano è così avvincente che ho finito i biscotti senza accorgermene. Mi basta il gran finale, a scatola vuota: “Basare le decisioni politiche (…) solo sulle esigenze di breve termine, rischia di essere letale per il settore automobilistiche europeo, e per chi ci lavora. I mercati finanziari sembrano essersene già accorti, penalizzando le quotazioni di chi è più in ritardo nella transizione”.
2035? Metti un banchiere nel motore e poi ne riparliamo.