Nel 2035 si potrà comprare un’auto nuova con qualsiasi motorizzazione e non più soltanto elettrica, come l’Unione europea aveva deciso nel 2021 dopo quasi due anni di gestazione con un provvedimento ambizioso e divisivo. Il divieto è stato cancellato. Credo sia l’unico messaggio che la gente ha capito.
Tecnicamente, nel 2035 la lunga marcia all’elettrico proseguirà senza inversione di tendenza. Il 10% di porta aperta lasciata al non elettrico andrà compensato da carburanti e acciaio “verdi”, bizantinismi o bizzarrie molto europei. I super crediti per auto elettriche entro i 4,20 metri di lunghezza andranno riempiti di contenuti, più che con quanto local, con quanto glocal, vista la nostra dipendenza da diverse componenti made in China. L’industria dell’auto cinese, che avrebbe continuato comunque a correre sulle nostre strade, forse non avrà più bisogno di tante nuove fabbriche in loco. Forse le basterà stringere accordi diversi con i nostri (modello Stellantis con Leapmotor, oppure Renault con Geely e Volkswagen con Saic e Xpeng) ed esportare di più quel termico – che a casa loro vogliono sempre meno – badando a tenere prezzo basso ed equilibrio dei crediti “green” per non rischiare multe da CO2.
L’industria europea guadagnerà di più investendo di meno sul domani. Ma quando si perdono mediamente, diciamo o ci dicono, 2mila euro su ogni elettrica venduta e si fanno 10mila di profitto su una tradizionale, facile che l’istinto di sopravvivenza prevalga sulla visione.
Passando dal tecnico al politico, l’imperdonabile di questo 2035 non è tuttavia la retromarcia dei decisori europei su una propria idea di futuro, ma come questa retromarcia dia ragione alla vulgata che Donald Trump ha di noi.
Il provvedimento dell’Unione europea per il 2035 aveva proposto il Vecchio Continente come laboratorio più avanzato al mondo (dopo la California) per la mobilità sostenibile. Una avanguardia sorprendente per la piccola grande Europa, divisa all’interno e afona fuori, alla vigilia di stravolgimenti geopolitici fra l’invasione russa dell’Ucraina, il ritorno di Trump alla Casa Bianca, l’accelerazione della crescita cinese, la nuova crisi mediorientale con la vergogna eterna di Gaza. Oggi, sotto la pressione di governi di destra e la paura di ulteriore perdita di consensi, questa Europa rinuncia a una linea fortemente identitaria, prestando il fianco alla narrazione trumpiana che ci descrive in “decadenza” e con “leader deboli”.
Cancellando il divieto 2035, la Commissione di Bruxelles ha dato un calcio al barattolo, coinvolgendo il futuro della competitività della nostra industria, il vero enorme problema. Non una maialata da porcellini, ma una cosa da volenterosi. Vedremo presto.
Sul nuovo provvedimento, i voti dei Verdi e di parte del Partito socialista (spagnoli soprattutto, i francesi quasi non esistono, i nostri tacciono) potrebbero essere contrari, nonostante siano nella maggioranza di Ursula von der Leyen. Un iter dai tempi lunghi potrebbe aumentare domande e annacquamenti. E c’è un orizzonte scuro dopo il 2027 quando, notava qualche mese fa l’Economist, più della metà del Pil del continente europeo potrebbe essere gestito dall’estrema destra, stando ai sondaggi elettorali che danno in crescita Afd in Germania, Rassemblement National in Francia, Reform UK in Gran Bretagna, oltre al governo Meloni in Italia e Orban in Ungheria. Sai che mobilità sostenibile.
“L’America incoraggia i suoi alleati politici in Europa a promuovere questa rinascita dello spirito, e la crescente influenza dei partiti patriottici europei è davvero motivo di grande ottimismo”, si legge nella National Security Strategy appena varata dalla Casa Bianca. 2035? Qui s’immagina questa Europa: “Se le tendenze attuali dovessero continuare, il continente sarà irriconoscibile entro 20 anni o meno”. Perché mostrarci così balbettanti a Trump?
E ancora. L’Europa dà un calcio al barattolo, scatenando soltanto i pro e i contro l’auto elettrica e attaccandosi all’acciaio “verde”? I cinesi, che a fronte del muro statunitense hanno scelto l’Europa quale primo mercato di conquista, stanno già cambiando modello di business. Dall’all electric al software. Chip uguali per tutti, robot, auto meglio se volanti, e solo col pieno di intelligenza artificiale.
A Boden, a due passi dal circolo polare artico in Svezia, l’impianto di Stegra per la produzione di acciaio “verde” – evocato adesso dalla Commissione e sostenuto dal Fondo per l’innovazione di Bruxelles – potrebbe chiudere prima ancora di aprire. La storia l’ho letta un paio di mesi fa sul Financial Times, ed è tristissima scoprendo che, fra gli investitori, ci sono anche gli stessi dietro la fabbrica di batterie per veicoli elettrici di Northvolt fallita. E gli e-fuel a compenso? Un analista ha chiamato “Porsche amendment” la proposta – fatta propria da Bruxelles su spinta tedesca – di questo carburante “verde” che, per costi impossibili, forse non sarà mai davvero disponibile sul mercato.
“Leader deboli”? “Vogliamo lavorare con paesi alleati che desiderano ripristinare la loro antica grandezza ” (C. National Security Strategy, p26).
Lei sa com’è fatta l’India?