2035, anno di bando dall’Europa dei motori endotermici, che poi chissà. Nell’attesa, dal 2026 la Norvegia e la Cina cancellano gli incentivi all’acquisto di auto elettriche. Mondi al contrario: il primo è un mercato da meno di 130mila macchine, il secondo da oltre 27 milioni. Concordano tuttavia nell’aver raggiunto lo stesso obiettivo: in Norvegia le Bev rappresentano oggi il 94% del venduto, in Cina circa il 35%, intorno al 60% includendo le plug-in. Le ibride prevedono l’uso di motori endotermici non banditi, come vorrebbe fare l’Europa dal 2035. Ma non c’è marcia indietro sulle zero emissioni: entro tre anni, per esempio, Pechino punta a raddoppiare i punti di ricarica, fino a 28 milioni nel 2027.
Nemmeno per il governo laburista norvegese è una marcia indietro. La valutazione è che le elettriche ormai possano cavarsela per conto loro, grazie anche al cambiamento di mentalità avvenuto nel piccolo paese europeo. In Cina, il governo comunista è più crudo: senza incentivi, il mercato selezionerà quei costruttori più avanzati che meritano di esistere. Un modo per spostare investimenti più a cuor leggero su altre tecnologie smart con cui sfidare il mondo, da quella quantistica all’energia dell’idrogeno.
E noi? Dal 2035, l’Europa dovrebbe produrre e vendere soltanto auto elettriche, le altre potranno continuare a circolare fino al 2050. A Bruxelles si tratta col coltello tra i denti sulla data, dopo averla deciso tutti insieme nel 2022 e formalizzata l’1 marzo 2023. Diciamo 13 anni suonati per prepararsi a un cambiamento epocale della nostra vita quotidiana. O almeno, per chi un’auto se la può permettere o la vuole ancora.
Che abbiamo fatto per il 2035? I decisori politici poco. E si sono pure divisi, con le destre europee a negare l’emergenza climatica e a staccare la spina all’auto elettrica. I costruttori hanno fatto di più a livello di impegni tecnici e finanziari, per poi dividersi anche loro, spaventati da un mercato che non decolla come avrebbero voluto. Ma c’è da stupirsi, se questa è l’aria che tira fra mancati investimenti, angoscia da trimestrali e politiche contro?
Però però. Se la Cina ci ha messo 15 anni per arrivare al 35% e senza democrazia, in Europa potremmo essere più bravi, nonostante il vento di destra. Oggi partiamo dal 16% di quota Bev, ottenuto con il freno a mano tirato. Nei 10 anni rimasti, contando su una sempre più ampia offerta di Bev che i cinesi nel 2010 si sognavano e su reti di ricarica in aumento, potremmo salire di molto. Non forse al 100% nel 2035, ma è noto che senza traguardo non ci può essere gara.
In Norvegia sono quasi al traguardo, essendo partiti molto prima. Che bari, altro che de Coubertin. Tutta colpa di una Fiat Panda riconvertita elettrica e di due norvegesi provocatori. Nel 1990, il cantante della popolare band A-ha e il capo del gruppo ambientalista Bellona importano dalla Svizzera una Fiat Panda riconvertita in elettrica e si mettono a girare per Oslo rifiutandosi di pagare onerosi pedaggi stradali e parcheggi. Hanno la presunzione di non inquinare e per questo buttano nel cestino tutte le multe, finché la polizia sequestra la Panda e la mette all’asta per provare a recuperare qualche corona. I media non si occupano d’altro, provocazione riuscita: il governo si convince nella sua lunga marcia di incentivi alla mobilità elettrica, esentando per prima cosa i veicoli a batteria dai pedaggi stradali.
La Norvegia sta pure fuori dall’Unione europea, qualcuno dovrebbe fargliela pagare se ora, anche per quella bravata, ci tocca il 2035. Ci vorrebbe una riforma del calendario come quella gregoriano per rimettere le cose a posto. Allora, era il 1582, furono cancellati dieci giorni per far tornare i conti, oggi basterebbe cancellare l’intero 2035 e buonanotte. Vabbè, il gregoriano fu accettato quasi sempre in ritardo, addirittura nel 1873 in Giappone, nel 1917 in Russia, nel 1949 in Cina. Sai che caos. Ma per salvare l’automobile così come l’abbiamo conosciuta, cosa in molti (troppi) non farebbero?