Ford ha dato uno schiaffone a Volkswagen e sta provando a chiedere scusa. “Il più difficile non è il primo bacio, ma l’ultimo”, scriveva tal Paul Géraldy, poeta contemporaneo di Jacques Prévert senza mai sfiorare la sua celebrità, pur nati entrambi a Neuilly sur Seine, comune dell’élite parigina. Ford e Volkswagen non so se si baceranno ancora, ma questa storia l’ho trovata sotto l’albero (il nostro Fabrizio De André comunque se li magna a colazione sti’ francesi: “Furono baci e furono sorrisi, poi furono soltanto i fiordalisi…”).

Ford e Volkswagen si sono fidanzati nel 2019 per condividere sviluppo e componenti di veicoli commerciali leggeri e di auto elettriche, queste ultime basate sulla piattaforma tedesca Meb. Al primo bacio, Ford e Volkswagen hanno dato seguito nel giugno del 2020 a un matrimonio d’interessi, celebrato da due amministratori delegati oggi ai giardinetti, Jim Hackett di Ford e Herbert Diess di Volkswagen. Sì, un bell’accordo industriale (condito da un po’ di ottimismo generale, stavamo uscendo a fatica da quel Covid che tendiamo a rimuovere).

La relazione però si fa difficile, pare per colpa dei tedeschi. L’architettura software per auto elettriche di Cariad, la divisione dedicata di Volkswagen, funziona male. Controprova, la porta girevole di manager a Cariad e gli onerosi accordi di Volkswagen, con Rivian in America e con Xpeng in Cina, per la fornitura di piattaforme elettroniche sviluppate insieme. In cambio di 5,6 miliardi di dollari sborsati a Rivian e di 700 milioni di dollari dati a Xpeng. L’architettura software di Rivian sarà nel 2027 sotto la nuova piccola elettrica ID.1, la prima di una serie. Quella di Xpeng esordirà nel 2026 su tre modelli Volkswagen solo in Cina, nel senso solo per adesso (e il partner Ford, in tutto questo? Non pervenuto).

Ford è nera. In California, in una sua vecchia sede rimessa a nuovo, mette sotto pressione un gruppetto di ingegneri, li chiama “skunkworks” (“skunk” significa puzzola, in gergo una squadra di lavoro speciale), e dà loro una missione. Non rispondete neanche al telefono finché non tirate fuori una piattaforma per elettriche che costi e funzioni come quelle dei costruttori cinesi, riducendo tempi e componenti. L’11 agosto, il capo supremo delle puzzole ci narra della “Ford Universal EV Platform” (qui il racconto, segnatevi l’aggettivo Universal). In Europa, nel frattempo, gli americani lanciano le elettriche Explorer e Capri sulla piattaforma tedesca Meb (anche per non restare a piedi, mentre tengono a casa loro quella troppo grande della Mustang Mach-E).

Colpo di scenata, più che di scena, ai primi di dicembre: Ford svela di avere un amante di nome Renault. Sulla piattaforma delle R5 e R4 e nelle fabbriche del nord della Francia, Ford produrrà elettriche le eredi di Fiesta ed Ecosport, berlina e baby Suv di segmento B che in Europa tirano e che in America schifano (benché Donald Trump voglia adesso minicar alla key car giapponesi, ma made in Usa, vabbè). Insieme, i due fedigrafi risparmieranno su modelli a forte rischio perdite, Ford non spenderà una fortuna in nuovi investimenti, Renault farà girare meglio le sue fabbriche (scappatella o relazione di amorosi sensi, l’affare c’è).

Volkswagen giustamente si risente. Ma come, ci siamo sforzati di avere ben due piattaforme a trazione anteriore per le piccole a batteria, una rivista per le più economiche alla ID.1 e l’altra propria da segmento B sulla quale esordisce tra pochi mesi la ID. Polo, e voi ci tradite con Renault? L’affronto è pure doppio. Perché i francesi, sempre disinvolti in tema di seduction come è noto, avevano fatto precedentemente a Volkswagen la stessa avance, forti di piattaforme con base Twingo e R5. Ma si erano beccati uno sdegnato nein e non un aperto yes alla Ford (in un threesome, però, sai che scala sarebbe stata per piccole elettriche costruite in Europa, alla faccia dei cinesi).

In molti (pure qualcuno in Ford) si domandano se siamo alla fine del matrimonio con Volkswagen. Ma, pochi giorni dopo l’annuncio della nuova liaison, il neo presidente di Ford Europe, l’americano Jim Baumbick, dice urbi et orbi che la piattaforma Universal delle puzzole – sulle quali si potrebbero benissimo costruire anche piccole elettriche in Europa, se è vero quanto ci hanno raccontato in agosto – per adesso resterà in America, con esordio su un compatto pick up a batteria nel 2027. Portare subito la Universal in Europa – sostiene Baumbick – comporterebbe un “impegno molto significativo in termini di ingegneria e di intensità di capitali” (cioè, col cavolo che a Dearborn ci sganciano facilmente tanto soldi con un bilancio europeo ancora in rosso).

Di fronte al partner tedesco un po’ incazzato, Ford sembra fare di necessità, virtù. Offre l’altra guancia a Volkswagen e fa capire che, rinviando Universal, vuole andare ancora avanti insieme con le  piattaforme tedesche per medie e medio-grandi, che poi sono quelle con più marginalità. Fino a quando il matrimonio s’ha da salvare? Per l’ultimo bacio alla Géraldy, forse bisognerà attendere (come nei feuilleton, ma poi le coincidenze: di Neuilly sur Seine, come Géraldy e Prévert, è anche Jean-Dominique Senard, il presidente di Renault, élite che non fa mai poesia).

@fpatfpat

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