L’attivista birmana Nobel per la pace Aung San Suu Kyi viene finalmente liberata e sulla tv italiana parte uno spot a suo favore.  Sorpresa, perché è della Lancia, il marchio di auto del gruppo Fiat. Olivier François, amministratore delegato della Lancia, ha scelto da tempo una inedita linea “politica” per spingere i suoi prodotti e il brand. Arruolando come testimonial Richard Gere e la sua causa per il Tibet per un altro spot, François aveva fatto infuriare il governo cinese che aveva chiesto e ottenuto tramite l’ambasciata a Roma una sorta di presa di distanza da parte del Lingotto, costretto a dire che la campagna non aveva mire politiche. Una sceneggiata che non aveva cancellato la sostanza e il messaggio.

Ora, che la democrazia venga utilizzata dal marketing per vendere automobili non è il massimo della vita. Però se un costruttore spende i suoi soldi a favore di una causa politica  (oltre che per la propria commerciale) piuttosto che per fare andare a razzo le sue macchine dentro città deserte, è comunque un bene. Tanto più che la Lancia ha una tradizione molto diversa nella pubblicità: basti ricordare il sofisticato  “Oui, je suis Catherine Deneuve” o la yuppissima degli anni ’80 “Piace alla gente che piace”.  Per altro, l’industria delle quattro ruote  in tutto il mondo sterza quasi sempre tutta a destra. Cominciando dalle tre americane Gm, Ford e Chrysler, tradizionali supporter economici delle campagne elettorali dei repubblicani.

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