Torno in ritardo (causa crisi di governo che mi ha molto distratto) sulla decima edizione di H2Roma, unico salone a cielo aperto dedicato alle auto del nostro futuro prossimo. Non è stato un decennale qualsiasi: H2Roma ha il merito di aver puntato sulla vera innovazione per la mobilità quando il mondo era girato da un’altra parte, cominciando dall’industria delle quatro ruote per finire ai media. Dieci anni significano fatica e battaglie contro un generale scetticismo, appena si parla di auto elettrica, per non dire a idrogeno. Mai comprare nulla al buio, ma una cosa si può dire: ingegneri dell’università della Sapienza di Roma come Vincenzo Naso e Fabio Orecchini hanno avuto ragione pur stando apparentemente dalla parte del torto.  Il problema è che definire un domani per l’auto a batteria si è complicato: l’Europa è un continente in progressiva desertificazione dal punto di vista dei mercati, della fuga dei capitali, degli investimenti non fatti. Vale per l’auto come per tanti altri settori. Ma l’auto elettrica ha bisogno più che mai di aiuti pubblici per affermarsi, insieme a un cambio di cultura, e le politiche di bilancio restrittive  rischiano di far slittare un appuntamento che ritengo comunque ineludibile. Ad H2Roma si sono viste le due facce di questa crisi. Da una parte i modelli in prova di molti costruttori, alcuni già in vendita come quelli di Citroen e Peugeot, altri ai nastri come quelli di Renault e Nissan, altri ormai prossimi come la Smart elettrica.  Dall’altra, un sondaggio su auto elettrica e concessionari, condotto dal mensile specializzato InterAutoNews, ha rivelato quanto forte sia ancora lo scetticismo  tra chi deve vendere questi modelli del futuro, o anzi del presente. C’è una risposta che fa da termometro al clima incerto dei nostri giorni. Quando si chiede ai concessionari se si sia creata troppo attesa per l’auto elettrica, rispondono di sì il 52,67% degli interpellati. C’è davvero ancora molto, ma molto da fare.

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