“Non è assolutamente confortevole come una tedesca, ha un navigatore così così, ma per quanto è bella da vedere e da guidare io ho scelto lei. Punto e basta”. Vi ho riportato le parole di un amico inglese neo-cliente Maserati con cui mi sono intrattenuto a parlare di auto. E in particolare della Quattroporte, l’ammiraglia made in Italy per eccellenza.  Fino all’altro giorno non l’avevo ancora provata, ma questo giudizio “terzo” è stato prezioso per interpretare a mia volta la Quattroporte.

Perché chi è addetto ai lavori spesso tende a razionalizzare il proprio pensiero quando giudica un’auto. Il che non va bene perché nel mondo reale la scelta di un’auto è tutto fuorché razionale.  Dunque come va la Quattroporte? Seconde me: bene, molto bene. Nel senso che è bella, sensuale, emozionale; ti conquista con lo sguardo e con la voce. Anche quando guidi la versione diesel, grazie all’attuatore montato sull’impianto di scarico che riproduce le tonalità di un V8 benzina (guardate questo video della Ghibli diesel per sentirlo). E poi ti coinvolge su strada perché ha un’impostazione reattiva che asseconda una guida sportiva. Alla faccia di chi siede dietro.

Poi bisogna aggiungere che il motore diesel (il mono turbo da 270 CV prodotto dalla VM) è solo Euro 5, che lo sterzo è pesante in manovra, che alcuni componenti dell’abitacolo non sono adeguati, che il confort di marcia in generale non raggiunge i livello delle pari rango tedesche (Audi A8, BMW Serie 7, Mercedes Classe S) e benché meno la dotazione tecnologica (la Quattroporte non ha nemmeno un radar di supporto alla guida).   La lista delle mancanze potrebbe continuare.

Quanto sono gravi? Alcune sulla carta sembrano inaccettabili nel segmento delle ammiraglie, eppure la ricetta Quattroporte (come quella della Ghibli) sta funzionando in tutto il mondo in termini commerciali (nel 2013 in 9 mesi ne sono state consegnate 7.800). I clienti americani, europei e cinesi – come il mio amico inglese – dicono “chissene importa” e la comprano perché sono conquistati da altro.

Dalla sua italianità, appunto, intesa come mix di design, lusso, storia, divertimento e… compromessi progettuali. La nostra cultura, infatti, piace anche per le sue contraddizioni ed è in tal senso che questa Maserati è una perfetta ammiraglia di italianità. Il che va inteso come un valore positivo. Marchionne due anni fa lo ha capito e ora sta raccogliendo i primi frutti. Che fanno bene anche al PIL del paese.

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