Marchionne ha chiuso i conti FCA in linea con le aspettative e con un utile netto di 632 milioni di euro nel 2014, anno magico della fusione. 632 milioni non sono però tanti: certo, 495 se ne sono andati per correre l’ultimo miglio dell’acquisizione Chrysler, altri 650 per le spese dei richiami in Nordamerica, altri per investimenti finalmente sul prodotto come a Melfi. Ma gli analisti hanno detto che la cifra è il dente più basso della loro forchetta e le borse sembrano non avere avuto nulla da festeggiare (il titolo ha chiuso a -0,17 a Milano, -0,29 a Wall Street).
FCA comunque va. E sfida Toyota e Volkswagen e gli altri colossi, si dice adesso con facilità. Ma se vado a guardare l’utile netto di Toyota nel solo primo semestre 1 aprile 2014-30 settembre 2014, leggo 1.130 miliardi di yen, qualcosa come 8 miliardi di euro.
E’ ancora più evidente che Marchionne ha bisogno di un terzo partner per provare a sfidare davvero i concorrenti. Nel 2014, FCA ha consegnato nel mondo 4,6 milioni di veicoli (invece dei 4,7 da obiettivo), ne prevede per il 2015 fra i 4,8 e i 5, c’è scritto 7 nel piano industriale per il 2018. Toyota e Volkswagen, sempre per citare i concorrenti, sono già adesso sopra i 10.
E se poi FCA trovasse qualcuno, sarebbe meglio che fosse asiatico, considerando che la crescita maggiore del gruppo è stata proprio in Asia dove è pure più debole, +13%. Uno spariglio a scopone in cui è maestro: con una carta prendere più carte per un valore eguale alla carta di presa.
Resta il problema di come Marchionne farà a sedurre un nuovo partner. Ci sta provando seriamente: il forte indebitamento che farebbe scappare chiunque è sceso al 31 dicembre scorso a 7,7 miliardi di euro dagli 11,4 del 30 settembre, grazie a una serie di operazioni sul capitale tra cui il prestito obbligazionario convertendo. Basteranno?
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