“We don’t play politics, we make cars”.  Ok, la Fiat di Sergio Marchionne non fa politica ma automobili. Un concetto che l’amministratore delegato del gruppo torinese è andato a ripetere al Salone di Los Angeles, fra la presentazione della piccola 500 agli americani, dei modelli Chrysler ristilizzati e l’invio dei soliti messaggi ai sindacati di casa nostra. Francamente suona un po’ provinciale per uno come lui: tutto questo parlare dei problemi italiani da un palcoscenico internazionale ricorda i più vecchi vizi dei nostri politici, dai tempi antichi di Andreotti.

Ma il vero messaggio – oserei dire subliminale – che ha fatto passare sta in una battuta. O almeno, in quella che è sembrata una battuta, come a volte capita a noi de il manifesto quando qualcuno butta lì: ma se vi offrissero 500 milioni di euro, vendereste? From LA, Marchionne fa sapere che di cedere l’Alfa Romeo non se ne parla, ambita pare dal gruppo Volkswagen benché il marchio perda soldi  (si ipotizza un rosso dai 3 ai 400 milioni di euro l’anno, dato ufficiale non disponibile perché il gruppo non divide le voci di bilancio per marchio). In effetti, rispetto al suo piano quinquennale per il rilancio del gruppo, sarebbe come vendere l’argenteria insieme al suo ladro. Ma da LA, Marchionne aggiunge adesso di essere pronto a sedersi al tavolo per negoziare, se “uno si presentasse con 20 miliardi di euro, sono parecchi soldi”.

Questa cifra improbabile è curiosamente la stessa dell’investimento previsto dal gruppo in Italia entro il 2013, annunciata il 21 aprile scorso e man mano che passano i giorni diventata improbabile, quasi quanto un’ipotetica e strabiliante offerta per il marchio del biscione. E se questi 20 miliardi sparati per l’Alfa Romeo fossero un lapsus (o che altro?) per anticipare assai indirettamente quel che accadrà (o non accadrà) in Italia?

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