L’auto elettrica corre in salita. La sua affermazione sui mercati è molto legata agli investimenti pubblici nelle infrastrutture di ricarica, oltre che a problemi di costi e di autonomia. La crisi economica che sta scuotendo l’Europa e gli Stati Uniti, continenti in cui la crescita a oggi è un affare sostanzialmente della sola Germania, cancella dall’orizzonte politiche di espansione. Si taglia e basta. Per questo motivo, gli scenari proposti dagli analisti sulle prospettive della mobilità elettrica (per la quale il tifo è d’obbligo) sembrano tutti un po’ appesi. L’ultimo ha la data del 2025 e la firma della società giapponese Fuji Keizai. Entro il 2025, la crescita delle auto «elettrificate» – categoria che comprende le ibride, le ibride plug in, i modelli alimentati con celle a combustibile e le 100% elettriche – arriverebbe a 32,1 milioni di unità nel mondo, un po’ più di 30 volte l’attuale parco circolante. Nello specifico, ci sarebbero 13,86 milioni di ibride tradizionali, 11,48 milioni di ibride plug in (cioè ricaricabili con una semplice presa), 5,75 milioni di elettriche al 100% e 1 milione circa di auto a idrogeno, alimentate con celle a combustibile. Tappa intermedia, secondo Fuji Keizai, è il 2015, quando le previsioni degli analisti giapponesi fissano a quota 5,46 milioni il circolante nel mondo di modelli elettrificati, circa 6 volte quello che è stato registrato a fine 2010, cioè 900mila unità. Il centro studi giap mette in bilancio anche un’altra cifra, la più delicata vista la crisi attuale: nel mondo prevede che si investano da qui al 2025 ben 3,7 miliardi di dollari nelle infrastrutture di ricarica delle elettriche e delle ibride plug in. Ci vuole coraggio a parlarne ai tempi di default un tempo impensabili.

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